sabato 3 dicembre 2016

Non solo Natale: l'abete bianco


Specifichiamo subito che l'abete bianco non è un albero di Natale innevato, così come il tonno non è una scatoletta, ma si tratta di una delle diverse specie di abeti appartenenti alla famiglia delle pinaceae, più in generale è una conifera, che significa letteralmente "portatrice di coni" e che rimanda alla forma conica delle pigne. Le conifere sono un gruppo antico, con fossili che risalgono anche a 300 milioni di anni e che comprendono specie che vanno dall'altezza di un metro fino ad oltre 100 metri, infatti si tratta di tutte piante legnose, soprattutto alberi. Gli esseri viventi più alti, più massicci e più antichi sono conifere, come ad esempio la maestosa sequoia sempervirens, di cui un esemplare è arrivato fino ai 115 metri di altezza. Un palazzo di 30 piani!

Il nostro abete arriva al massimo intorno ai 50 metri, sviluppa un fusto che può arrivare anche ad avere un diametro di 3 metri e vive fino ai 300 anni. Si chiama abete bianco perché le sue foglie sono grossi aghi di colore verde scuro sopra e con due strisce bianche sotto. Non aggiungerò molto sulla descrizione visiva perché stiamo comunque parlando di un albero che, vero o finto, rappresenta un'icona che veste le nostre case a festa da sempre.
L'abete cresce in terreni impervi e molto poveri di nutrimento e con i suoi rami che crescono in orizzontale protegge i piccoli abeti bianchi che hanno bisogno dell'ombra dell'albero madre per crescere.

Nel calendario celtico l'abete era consacrato al giorno della nascita del Fanciullo Divino: giorno supplementare che seguiva il solstizio d'inverno. È legato dunque a tematiche solari e all'eterna dicotomia tra vita e morte: nelle notti lunghe e gelide del nord questo albero, sempreverde e maestoso, era visto come qualcosa di più forte della morte.
Le popolazioni dell'Asia settentrionale consideravano l'abete un "albero cosmico", ovvero un punto di incontro tra alto e basso, tra le profondità della terra e l'inaccessibilità del cielo.
Lo stretto legame tra l'abete e il solstizio d'inverno è ben documentato in tutti i popoli dell'Europa settentrionale. Nel Medioevo ci si recava nel bosco a tagliarne uno che veniva poi portato in casa e decorato con ghirlande, uova dipinte, dolciumi e candele e posto al centro dei festeggiamenti solstiziali. La notte si passava in allegria attorno a quello che assunse il significato di "albero di luce".
Entrare in un bosco di abeti è un po' come entrare in una cattedrale, viene quasi di farlo in punta di piedi per l'atmosfera austera e mistica che emana. La prima cosa è quell'odore resinoso, fresco e dolce che sale immediatamente alle narici e di cui non se ne ha mai abbastanza. Poi appena ci si guarda intorno si nota che la luce è completamente diversa, dato che viene filtrata dai rami, assorbita e restituita molto smorzata al suolo. Un'esperienza tutta da vivere, si ha l'impressione di assorbire un po' di saggezza anche solo camminando in silenzio e aspirando i suoi aromi balsamici.
Fino a non molto tempo fa, ai malati e convalescenti affetti da malattie polmonari, si usava prescrivere il soggiorno in boschi di conifere (abeti, pini, larici) e fare lunghe passeggiate inspirando profondamente quell'aria ricca e odorosa che li avrebbe portati verso la guarigione.


Il principale uso dell'abete è infatti nelle patologie dell'apparato respiratorio come bronchiti, malattie da raffreddamento tosse e simili, per la sua azione balsamica, espettorante e antisettica. Si può assumere in infuso o decotto di gemme e foglie, in tintura idroalcolica oppure sotto forma di sciroppo o fumenti bollenti e profumati. Altre indicazioni meno conosciute sono in casi di agitazione, insonnia e ipertensione. Fondamentale è non eccedere nel dosaggio, cosa che in generale vale per tutto ma in particolar modo per l'abete: per una tintura alcolica basteranno 10-20 gocce in poca acqua un paio di volte al giorno e lontano dai pasti, per assimilarlo al meglio. Per una tisana aromatica e corroborante sarà sufficiente un cucchiaino raso di aghi secchi. Il suo potere decongestinante allevierà in poco tempo i sintomi del raffreddore.
Una preparazione erboristica particolare e non molto conosciuta dal grande pubblico è il gemmoderivato, una soluzione di glicerina vegetale dove giovani getti e germogli vengono immersi per cedere i loro principi attivi e non solo. Pare che il gemmoderivato abbia un'impronta energetica che gli altri preparati non hanno, proprio in virtù del fatto che si tratta delle parti più giovani della pianta che hanno in sé la forza e l'energia della crescita, cosa che la pianta adulta non possiede. Tutto questo è avvalorato dal fatto che spesso i gemmoderivati hanno indicazioni completamente diverse dagli altri preparati. Un esempio pratico ce lo fornisce proprio il nostro abete: i preparati erboristici classici (tisana, tintura e altri) sono indicati, come dicevamo prima, per le patologie dell'apparato respiratorio, ma il gemmoderivato viene prescritto per cose che poco hanno a vedere con i suoi effetti balsamici e anticatarrali. Il gemmoderivato di abete è indicato soprattutto in età pediatrica dato che favorisce la fissazione del calcio nelle ossa, stimola l'accrescimento staturo-ponderale e i globuli rossi e si consiglia anche quando si nota un ritardo nel consolidamento delle fratture. Insomma, indicazioni del tutto differenti da quelle che associamo all'abete bianco; in più, mentre per gli altri preparati erboristici si consiglia una certa attenzione, per il gemmoderivato non ci sono assolutamete problemi di tollerabilità.


Per uso esterno l'abete si mostra altrettanto utile. Dalla sua corteccia si ricava infatti quella che un tempo era chiamata la "trementina di Strasburgo", utilizzata abbondantemente per preparare impiastri e linimenti per reumatismi e lombaggini e non solo. Si tratta di un'oleoresina, tipica delle conifere, che l'albero secerne per cicatrizzare le proprie ferite ed evitare così il contatto con batteri o altri agenti patogeni potenzialmente pericolosi per la vita dell'albero.
La famosa ambra non è altro che la resina fossile delle conifere con dei residui vegetali intrappolati dentro, più raramente degli insetti interi o animaletti vari, anche vertebrati, che ne accrescono il valore economico.

Purtroppo oggi l'abete ha perso molto del suo pubblico in favore di rimedi moderni o di altre piante balsamiche che vanno più "di moda", ma le sue proprietà restano sempre quelle e sempre a disposizione dell'uomo. Come abbiamo visto, in tempi meno recenti era tenuto in grande considerazione; Santa Ildegarda di Bingen, mistica vissuta intorno al 1100 e autrice della prima medicina psicosomatica cristiana, aveva messo a punto una ricetta davvero particolare: la pomata di abete, preparata con panna montata, aghi di abete colti in primavera e un po' di salvia da conservare in vasetti di vetro (oggi da riporre sicuramente in frigo!) e da spalmare sui seni paranasali in caso di congestioni o sul plesso solare per dolori gastrointestinali di origine nervosa.
 

Un breve accenno all'olio essenziale di abete, per il quale servirebbe un piccolo trattato a parte. È piuttosto difficile da trovare, moderatamente costoso e va utilizzato a piccole dosi, meglio solo per uso esterno. Ma ne vale davvero la pena. Diluito in olio d'oliva per un massaggio antireumatico o per frizioni sul petto in caso di malattie da raffreddamento, oppure qualche goccia mischiata ad un po' di miele e lasciata cadere nella vasca da bagno. O semplicemente vaporizzato nella lampada per aromi in camera da letto o nel soggiorno. In ogni caso, la percezione olfattiva dell'olio essenziale opererà i suoi effetti fisici ed emozionali. Sul fisico abbiamo già visto abbondantemente i suoi impieghi e le sue proprietà, sul piano emozionale invece riprendiamo la simbologia antica della pianta. Quella luce assorbita e restituita di cui sopra è quella che l'abete ci restituisce condensata e raccolta nel pieno dell'inverno, una promessa di luce quando intorno c'è solo il buio. Infatti respirare, ingerire o applicarsi sul corpo un preparato a base di abete aiuterebbe a trovare la forza d'animo in momenti di sconforto e ad aprirsi alla possibilità di un futuro più luminoso. Una goccia di essenza applicata sui vestiti farebbe sentire più forti e protetti in situazioni o con persone ostili. Il condizionale è d'obbligo anche se sempre più persone riconoscono e accettano serenamente che il mondo è fatto anche e soprattutto di ciò che non vediamo. E comunque è sempre un esercizio interessante soffermarsi su ciò che ci evoca la nostra personale percezione di un aroma naturale, quali sensazioni si sono amplificate, quali sono scomparse o quali sono apparse dal nulla. Ovviamente si parla esclusivamente di oli essenziali puri, mai di qualcosa "al profumo di".
Ho convinto qualcuno a non abbandonare l'abete dopo il Natale?