giovedì 31 gennaio 2019

Stramonio, erba del demonio

Un viaggio alla scoperta di una pianta bella e maledetta, molto diffusa in Italia e con una storia millenaria di streghe, furti e morte.




Aspetto e aroma
Il regno vegetale ci affascina con i suoi odori, sapori e usi medicinali; sembra tutto così bello e buono che non pensiamo alle insidie che invece nasconde, spesso molto molto bene. A parte la famosa Amanita Muscaria (detta anche fungo di Biancaneve per il suo aspetto fatato rosso a pallini bianchi) che ormai tutti sanno essere decisamente non commestibile, molti funghi invece hanno un odore talmente ripugnante che sembra portino un'insegna luminosa con su scritto "Attenzione! Veleno – Non ingerire". Se fosse sempre così sarebbe molto semplice e intuitivo stare alla larga dai pericoli. Buon aspetto e buon profumo equivalgono a buon cibo: se applicassimo questa semplice equazione probabilmente il genere umano si estinguerebbe nel giro di pochissimo. Per fortuna una saggezza antica e tramandata nei secoli ci mette in guardia dall'apparenza e dal canto di sirena di alcune specie vegetali da cui è meglio non farsi ammaliare e starne il più possibile alla larga.
La Datura Stramonium è sicuramente una di queste proprio perché non denuncia subito la sua natura mortifera.
Molti testi la definiscono un po' come i funghi puzzolenti di cui si parlava prima, quindi con un aspetto e un odore che non ispirano fiducia, ma non è del tutto vero. Certo, le sue foglie sono frastagliate e asimmetriche ma al tatto risultano soffici e vellutate, che invitano al tocco. Un primo segnale si ha quando le si strofina: se avvicinerete le dita al naso subito dopo, vi assicuro che la vostra prima reazione sarà di allontanarle con uno scatto e una smorfia di sorpresa vagamente disgustata. Questo gli ha valso l'elegante e simpatico appellativo di "cacapuzza fetente" in Campania, ma ha molti altri nomi popolari tra cui erba delle streghe, erba matta e pure erba carogna. L'odore delle foglie è veramente tremendo ma non solo; noterete anche che tende a rimanere "appiccicato" alle dita ed è il motivo per cui si consiglia di toccare questa pianta il meno possibile. Tra un po' capiremo perché.
I fiori invece sono un'altra cosa, in effetti una reazione vaga di pericolo può scattare in un angolino del nostro cervello perché la loro forma è molto bella e ipnotica ma anche un tantino inquietante; sono calici di forma tubolare composti da cinque petali pieghettati e acuminati che somigliano a delle campanelle rivolte verso l'alto con la parte finale a forma di girandola, di un rassicurante colore bianco latte con sfumature violacee. Sembrano morti e avvizziti di giorno ma riprendono forza, vita e bellezza con il favore delle tenebre, tanto per rimanere in tema, emanando un odore che i più definiscono sgradevole alla percezione umana ma irresistibile per le farfalle notturne che lo adorano. Personalmente trovo il loro aroma inizialmente molto piacevole ma insistendo ad avvicinare il naso al fiore si percepisce una punta aromatica persistente e vagamente nauseabonda. Un doppio effetto che gioca tra un estremo e l'altro e che conferma la fama sinistra della pianta: bella, ingannevole e letale. 


 

Massima attenzione anche a una "cugina" di primo grado dello stramonio, ovvero l'Atropa Belladonna, che sembra molto più innocua; il veleno che contiene, l'atropina appunto, ha ucciso molti bambini rimasti affascinati dai suoi frutti neri simili a ciliegie, molto invitanti e dolci all'assaggio. Un altro elemento respingente dello stramonio è sicuramente il suo frutto, detto noce del diavolo, grande come una noce appunto e pieno di spine che contiene i suoi pericolosissimi semi; tutte le parti della pianta sono comunque estremamente velenose.


Come uccide
La potenza tossica e allucinogena dello stramonio è tale che fu messo al bando dalla Chiesa durante l'inquisizione, insieme alle cugine mandragora e belladonna, annoverate tra le piante maledette. Ciò che rende pericolose queste tre solanacee è un insieme di alcaloidi (sostanze dotate di grandi effetti farmacologici in piccolissime dosi), nello specifico i cosiddetti "alcaloidi del tropano", ovvero atropina, iosciamina e scopolamina. Questi alcaloidi sono tuttora usati nella medicina moderna, ad esempio in oftalmologia per indurre midriasi ovvero dilatazione delle pupille, oppure come antispastici o preanestetici. Senza scomodare i complicati processi chimici che ci sono dietro, diremo semplicemente che hanno una marcata azione sul sistema nervoso e questo può tradursi in effetti diversi come eccitazione, disorientamento e confusione mentale un aumento del ritmo cardiaco, una vasodilatazione, un'inibizione di secrezioni (salivare, gastrica, bronchiale, etc). Gli effetti collaterali si manifestano dopo circa mezz'ora o 45 minuti dall'ingestione e i più comuni sono: secchezza delle fauci, forte prurito della pelle, ipersensibilità alla luce, nausea, diarrea, mancanza di coordinamento motorio ed estrema dilatazione delle pupille. La durata degli effetti dipende dalla quantità di sostanza ingerita e va da alcune ore a 5/10 giorni. Nella fase più critica dell'avvelenamento sopraggiungono vertigini, crisi di panico, aggressività, delirio e allucinazioni; nei casi più gravi, disturbi della vista, ipotensione e coma. La morte arriva quasi sempre per la paralisi dell'apparato respiratorio. Ma oltre ai rischi letali per avvelenamento, allo stramonio vengono attribuiti alcuni casi di morte dovuti a comportamenti legati esclusivamente ai sintomi dell'intossicazione. Ad esempio, ci sono stati dei giovani trovati affogati in ruscelli dalle acque poco profonde nel vano tentativo di dissetarsi: la secchezza delle fauci causata dallo stramonio si dice sia irrefrenabile. Altre persone, convinte di poter davvero volare, si sono suicidate lanciandosi da grandi altezze. In omeopatia, lo stramonio va a sedare gli stessi sintomi che produce il suo veleno, ovvero quelli sopra descritti: delirio da psicosi, epilessia, convulsioni, agitazione e altro.
La medicina popolare di un tempo impiegava le sue foglie contro l'asma fumandole insieme al tabacco, oppure le si lasciavano macerare con i germogli teneri in alcol per poi usare questa mistura per frizionare il corpo contro i dolori reumatici. Se ne facevano pediluvi per i dolori ai piedi, impacchi di foglie tostate per il mal di denti o applicate dietro le orecchie per le otiti, o ancora, un unguento di semi con l'aggiunta di belladonna da frizionare sull'addome contro i dolori del parto e per andare in trance; nel 1500 si ponevano alcune foglie nei cuscini per provocare il sonno agli insonni, ma in tutti questi rimedi era sempre raccomandata la massima attenzione perché una dose sbagliata anche di poco "avrebbe provocato la pazzia".


Un po' di etnobotanica
Nelle leggende e nella mitologia troviamo altre notizie poco rassicuranti.
Il nome sembra derivi dal sanscrito DhattUra, ovvero mela spinosa, ma altri sostengono che invece le origini siano greche e derivino da "strychnon manikòn", che significa in parole povere "pianta della pazzia". Grazie alle analisi microscopiche, tracce di semi di datura stramonium sono stati rinvenuti all'interno di vasi di terracotta in un sito archeologico sui Pirenei e risalirebbero a più di 3000 anni fa. Ci sono abbondanti testimonianze di come questa pianta sia stata usata in tantissime culture diverse a scopi medici, divinatori e addirittura per adorare gli Dei; una varietà di datura con fiori molto più grandi e scenografici, la Metel, è considerata dagli induisti sacra a Shiva, dio della Distruzione (sempre per rimanere in tema), infatti in alcune raffigurazioni i suoi fiori gli ornano i capelli. Gli sciamani dell'America centrale assumevano stramonio per cadere in uno stato di trance, seguito da convulsioni e da sonno profondo al cui risveglio riferivano di essere stati in contatto con gli spiriti degli antenati; la definiscono una pianta indicibilmente potente che va temuta e rispettata, mai abusata e che sia in grado di rivelare la vera natura di chi ne fa uso. In India è stata impiegata a lungo, in Cina era una pianta sacra, molto conosciuta anche tra i medici arabi e sono parecchi gli studiosi a sostenere che fu proprio lo stramonio a causare il fumo inebriante dell'oracolo di Apollo a Delfi. Questi sono solo alcuni esempi dell'interessantissima storia millenaria di questa pianta.
Alfredo Cattabiani, noto studioso di simbolismi e di tradizioni popolari, la riassume così: "Pianta amante delle tenebre, pianta velenosa, pianta degli esseri infernali, dei mariuoli e delle cortigiane avide di denaro e di potere; con tutte queste caratteristiche lo stramonio non poteva non evocare i simboli inferi, dalla Depravazione alla Finzione, dall'Incantesimo ingannatore alla Simulazione".

Tra i mille nomi con cui l'hanno chiamato, lo stramonio era noto anche come "pianta dei ladri" perché pare che i briganti mettessero i suoi semi in una bevanda dal sapore gradevole per confondere e inebriare i malcapitati di turno che poi venivano derubati di tutti i loro averi. Allo stesso modo, gli sfortunati che bevevano questa mistura si trovavano privi di volontà e disposti a raccontare segreti e luoghi nascosti che non avrebbero mai rivelato a nessuno: una sorta di siero della verità fatto in casa usato per fare giustizia o ancora per truffare.
Ma il fattore che ha contribuito di più alla sua fama diabolica è la connessione con streghe, stregoni e negromanti; veniva usata nei riti demoniaci per richiamare gli esseri infernali e durante i sabba per ricreare l'illusione del "volo magico", mischiata insieme ad altre sostanze stupefacenti come la bufotenina, sostanza bavosa prodotta dalla pelle del rospo appartenente al genere Bufo quando si sente minacciato. In Texas è stato addirittura pubblicato un libro che descrive i modi corretti per la cattura del rospo e di come prelevare questa famosa bava senza fare del male all'animaletto.
Si, è tutto vero: probabilmente la principessa della celebre fiaba dei fratelli Grimm che lo ha baciato è rimasta vittima di allucinazioni talmente potenti da vedere la trasformazione in principe solo nella sua immaginazione. Magari il povero rospo sarà ancora lì a chiedersi che diavolo volesse quella pazzoide. Evitiamo però di metterci a sleccazzare tutti i rospi che incontriamo per strada, perché non è comunque semplice trovare quelli "giusti", almeno non in Europa, e rischiereste di aver baciato una cosa viscida e molliccia per nulla; sopratutto perché oltre alle sostanze allucinogene questi rospi particolari secernono anche altre molecole che influiscono sul ritmo cardiaco provocando aritmia e infarti. La sua composizione è molto simile a droghe come il DMT ma con infiniti effetti collaterali in più, tra cui la morte. Probabilmente quindi non ne vale la pena.

Castaneda e il suo Don Juan
Carlos Castaneda, figura carismatica e di grande spicco nel panorama New Age, pubblica il suo primo libro nel 1968 "A scuola dallo stregone", narrando del suo primo incontro con il leggendario Don Juan e di come avesse deciso di seguirlo in un cammino di apprendistato durato più di dieci anni con altrettanti libri, tutti grandi successi editoriali. Castaneda descrive i suoi viaggi sovrannaturali con lo sciamano e di come abbiano trasceso il tempo e lo spazio con il piccolo aiutino di funghi e piante allucinogene; secondo l'autore, Don Juan poteva vedere e usare l'energia del Tutto, ma definì il sentiero che conduce alla conoscenza "difficile e pericoloso". I suoi critici più accaniti sostengono che Don Juan non sia mai esistito e che fosse solo un parto della sua mente sotto l'effetto di sostanze psicotrope. D'altra parte negli anni '70, quando le persone ingollavano qualsiasi cosa, ha avuto anche un nutrito seguito: infatti, sulla scia dei suoi libri, aumentò il consumo incauto dello stramonio e i decessi legati alla sua ingestione. Ma di questo naturalmente, la pianta non ha colpe. E neanche Castaneda, alla fine.


E dunque...
In conclusione lo stramonio non è né buono né cattivo, è il suo uso improprio a fare delle vittime.
Se tutti questi racconti di streghe volanti, diavoli infernali e visioni mistiche vi hanno affascinato, vediamo se riusciamo a farvi passare la voglia di avere a che fare con questa pianta se non per coltivarla come pianta ornamentale... sempre che non abbiate bambini curiosi, gatti impiccioni o cani kamikaze pronti ad assaggiare qualunque cosa viva o morta.

Due ragazzini in Italia, non avendo sottomano degli stupefacenti "classici" hanno optato per fumarsi lo stramonio così, per provare qualcosa di nuovo e perché sapevano vagamente che questa pianta aveva proprietà allucinogene. Uno ha avuto una bruttissima crisi convulsiva, l'altro è rimasto preda di terribili e potenti allucinazioni. Quello con le convulsioni ha rischiato gli stadi successivi, ovvero la paralisi dei muscoli respiratori, il coma e la conseguente morte. Qualche anno dopo, una madre con la figlia sono state intossicate e ricoverate per aver scambiato lo stramonio per una pianta di spinaci. Qualche altro genio della lampada invece ha pensato bene di preparare un infuso e trangugiarlo come se fosse un buon tè pomeridiano finendo in rianimazione poco dopo averlo ingerito. Questi sono soltanto alcuni dei tantissimi casi di avvelenamento finiti bene, ma lo stramonio in genere non perdona: anche due coniugi anziani sono finiti in ospedale per aver scambiato i suoi fiori per fiori di zucca, quindi li hanno colti, impanati, fritti e mangiati per cena. Per fortuna non è stata la loro ultima cena e se la sono cavata per miracolo.
Ma come avevamo accennato all'inizio non è consigliabile neanche toccare questa pianta. Infatti l'illusione del volo magico delle streghe pare non fosse opera di un infuso o di una frittata a base di stramonio, ma di un semplice unguento spalmato sulla pelle: la sorpresina nell'uovo di Pasqua di questa datura è che può intossicare anche per uso topico, non occorre ingerirlo. Certo, strofinare un secondo la foglia per sentirne l'odore (o l'olezzo, in questo caso) non vi farà cadere in coma, ma sarebbe meglio gettarla via subito dopo e possibilmente lavarvi le mani. Uno studio condotto nel 1960 dall'università di Gottingen in Germania ha ricreato uno di questi unguenti utilizzando una ricetta tratta da un testo di magia di un famoso alchimista italiano; i ricercatori riferirono di aver provato tutte le visioni e le sensazioni descritte dalle streghe durante i sabba, ovvero visioni orribili di facce dilaniate, oggetti volanti, sensazioni di volo interrotte poi da un'improvvisa quanto sgradevole caduta. Insomma, veri e propri viaggi dell'orrore.
Inoltre, non ci stancheremo mai di ripeterlo, il confine tra la dose allucinogena e quella letale è davvero pericolosamente sottile a causa della varietà della concentrazione delle sostanze attive presenti nelle diverse parti, quindi se cercate dei paradisi artificiali non è questo il caso; anzi, anche se dovesse andare bene, ovvero usarlo senza lasciarci le penne, le allucinazioni indotte dallo stramonio, come detto sopra, non sono affatto piacevoli o ricreative. È una pianta che ci può affascinare e stregare (in senso letterale, come abbiamo visto), quindi ammiriamone i bellissimi fiori, ampliamo la nostra cultura con la sua affascinante e magica storia etnobotanica e lasciamola esattamente dove si trova, senza farci tentare dall'offrire una bevanda alla suocera invadente o un'insalata al marito che ci ha fatto arrabbiare.
O all'automobilista che ci ha tagliato la strada.
O al politico di turno.
La lista potrebbe allungarsi di parecchio.
Insomma, se davvero fossimo così fuori di testa non basterebbe tutto lo stramonio di questo mondo e non avremmo neanche risolto nulla alla fine. Il perdono è un'arma molto più rivoluzionaria e tagliente in questi ultimi anni avvelenati dalla rabbia e dal desiderio di rivalsa e vendetta.
Rispetto all'ennesimo sociopatico, l'equilibrio personale è qualcosa di davvero pericoloso per un sistema che mira a ridurre l'individuo a un grumo di ansie per il futuro.


BIBLIOGRAFIA

- R. M. Suozzi - "Dizionario delle erbe medicinali", Newton Compton, 1995
- G. Debuigne – "Enciclopedia delle piante della salute", Gremese Editore, 2004
- Dr L. P. Da Legnano – "Le piante medicinali", Edizioni Mediterranee, 1970
- A. Cattabiani "Florario" – Mondadori, 1996
- G. Samorini "Gli allucinogeni nel mito", Nautilus 1995
- R. S. De Ropp "Le droghe e la mente", Cesco Ciapanna Editore, 1980
- Anna Lisa Cantelmi "Herbaria e le piante per volare". Nautilus, 2002
- C. Corvino "Credenze stregoniche e interpretazioni farmacologiche", M. Di Rosa Edizioni, 1990
- Peter t. Furst "Hallucinogens and culture", Chandler & Sharp Publishers, 1976