sabato 3 dicembre 2016

Non solo Natale: l'abete bianco


Specifichiamo subito che l'abete bianco non è un albero di Natale innevato, così come il tonno non è una scatoletta, ma si tratta di una delle diverse specie di abeti appartenenti alla famiglia delle pinaceae, più in generale è una conifera, che significa letteralmente "portatrice di coni" e che rimanda alla forma conica delle pigne. Le conifere sono un gruppo antico, con fossili che risalgono anche a 300 milioni di anni e che comprendono specie che vanno dall'altezza di un metro fino ad oltre 100 metri, infatti si tratta di tutte piante legnose, soprattutto alberi. Gli esseri viventi più alti, più massicci e più antichi sono conifere, come ad esempio la maestosa sequoia sempervirens, di cui un esemplare è arrivato fino ai 115 metri di altezza. Un palazzo di 30 piani!

Il nostro abete arriva al massimo intorno ai 50 metri, sviluppa un fusto che può arrivare anche ad avere un diametro di 3 metri e vive fino ai 300 anni. Si chiama abete bianco perché le sue foglie sono grossi aghi di colore verde scuro sopra e con due strisce bianche sotto. Non aggiungerò molto sulla descrizione visiva perché stiamo comunque parlando di un albero che, vero o finto, rappresenta un'icona che veste le nostre case a festa da sempre.
L'abete cresce in terreni impervi e molto poveri di nutrimento e con i suoi rami che crescono in orizzontale protegge i piccoli abeti bianchi che hanno bisogno dell'ombra dell'albero madre per crescere.

Nel calendario celtico l'abete era consacrato al giorno della nascita del Fanciullo Divino: giorno supplementare che seguiva il solstizio d'inverno. È legato dunque a tematiche solari e all'eterna dicotomia tra vita e morte: nelle notti lunghe e gelide del nord questo albero, sempreverde e maestoso, era visto come qualcosa di più forte della morte.
Le popolazioni dell'Asia settentrionale consideravano l'abete un "albero cosmico", ovvero un punto di incontro tra alto e basso, tra le profondità della terra e l'inaccessibilità del cielo.
Lo stretto legame tra l'abete e il solstizio d'inverno è ben documentato in tutti i popoli dell'Europa settentrionale. Nel Medioevo ci si recava nel bosco a tagliarne uno che veniva poi portato in casa e decorato con ghirlande, uova dipinte, dolciumi e candele e posto al centro dei festeggiamenti solstiziali. La notte si passava in allegria attorno a quello che assunse il significato di "albero di luce".
Entrare in un bosco di abeti è un po' come entrare in una cattedrale, viene quasi di farlo in punta di piedi per l'atmosfera austera e mistica che emana. La prima cosa è quell'odore resinoso, fresco e dolce che sale immediatamente alle narici e di cui non se ne ha mai abbastanza. Poi appena ci si guarda intorno si nota che la luce è completamente diversa, dato che viene filtrata dai rami, assorbita e restituita molto smorzata al suolo. Un'esperienza tutta da vivere, si ha l'impressione di assorbire un po' di saggezza anche solo camminando in silenzio e aspirando i suoi aromi balsamici.
Fino a non molto tempo fa, ai malati e convalescenti affetti da malattie polmonari, si usava prescrivere il soggiorno in boschi di conifere (abeti, pini, larici) e fare lunghe passeggiate inspirando profondamente quell'aria ricca e odorosa che li avrebbe portati verso la guarigione.


Il principale uso dell'abete è infatti nelle patologie dell'apparato respiratorio come bronchiti, malattie da raffreddamento tosse e simili, per la sua azione balsamica, espettorante e antisettica. Si può assumere in infuso o decotto di gemme e foglie, in tintura idroalcolica oppure sotto forma di sciroppo o fumenti bollenti e profumati. Altre indicazioni meno conosciute sono in casi di agitazione, insonnia e ipertensione. Fondamentale è non eccedere nel dosaggio, cosa che in generale vale per tutto ma in particolar modo per l'abete: per una tintura alcolica basteranno 10-20 gocce in poca acqua un paio di volte al giorno e lontano dai pasti, per assimilarlo al meglio. Per una tisana aromatica e corroborante sarà sufficiente un cucchiaino raso di aghi secchi. Il suo potere decongestinante allevierà in poco tempo i sintomi del raffreddore.
Una preparazione erboristica particolare e non molto conosciuta dal grande pubblico è il gemmoderivato, una soluzione di glicerina vegetale dove giovani getti e germogli vengono immersi per cedere i loro principi attivi e non solo. Pare che il gemmoderivato abbia un'impronta energetica che gli altri preparati non hanno, proprio in virtù del fatto che si tratta delle parti più giovani della pianta che hanno in sé la forza e l'energia della crescita, cosa che la pianta adulta non possiede. Tutto questo è avvalorato dal fatto che spesso i gemmoderivati hanno indicazioni completamente diverse dagli altri preparati. Un esempio pratico ce lo fornisce proprio il nostro abete: i preparati erboristici classici (tisana, tintura e altri) sono indicati, come dicevamo prima, per le patologie dell'apparato respiratorio, ma il gemmoderivato viene prescritto per cose che poco hanno a vedere con i suoi effetti balsamici e anticatarrali. Il gemmoderivato di abete è indicato soprattutto in età pediatrica dato che favorisce la fissazione del calcio nelle ossa, stimola l'accrescimento staturo-ponderale e i globuli rossi e si consiglia anche quando si nota un ritardo nel consolidamento delle fratture. Insomma, indicazioni del tutto differenti da quelle che associamo all'abete bianco; in più, mentre per gli altri preparati erboristici si consiglia una certa attenzione, per il gemmoderivato non ci sono assolutamete problemi di tollerabilità.


Per uso esterno l'abete si mostra altrettanto utile. Dalla sua corteccia si ricava infatti quella che un tempo era chiamata la "trementina di Strasburgo", utilizzata abbondantemente per preparare impiastri e linimenti per reumatismi e lombaggini e non solo. Si tratta di un'oleoresina, tipica delle conifere, che l'albero secerne per cicatrizzare le proprie ferite ed evitare così il contatto con batteri o altri agenti patogeni potenzialmente pericolosi per la vita dell'albero.
La famosa ambra non è altro che la resina fossile delle conifere con dei residui vegetali intrappolati dentro, più raramente degli insetti interi o animaletti vari, anche vertebrati, che ne accrescono il valore economico.

Purtroppo oggi l'abete ha perso molto del suo pubblico in favore di rimedi moderni o di altre piante balsamiche che vanno più "di moda", ma le sue proprietà restano sempre quelle e sempre a disposizione dell'uomo. Come abbiamo visto, in tempi meno recenti era tenuto in grande considerazione; Santa Ildegarda di Bingen, mistica vissuta intorno al 1100 e autrice della prima medicina psicosomatica cristiana, aveva messo a punto una ricetta davvero particolare: la pomata di abete, preparata con panna montata, aghi di abete colti in primavera e un po' di salvia da conservare in vasetti di vetro (oggi da riporre sicuramente in frigo!) e da spalmare sui seni paranasali in caso di congestioni o sul plesso solare per dolori gastrointestinali di origine nervosa.
 

Un breve accenno all'olio essenziale di abete, per il quale servirebbe un piccolo trattato a parte. È piuttosto difficile da trovare, moderatamente costoso e va utilizzato a piccole dosi, meglio solo per uso esterno. Ma ne vale davvero la pena. Diluito in olio d'oliva per un massaggio antireumatico o per frizioni sul petto in caso di malattie da raffreddamento, oppure qualche goccia mischiata ad un po' di miele e lasciata cadere nella vasca da bagno. O semplicemente vaporizzato nella lampada per aromi in camera da letto o nel soggiorno. In ogni caso, la percezione olfattiva dell'olio essenziale opererà i suoi effetti fisici ed emozionali. Sul fisico abbiamo già visto abbondantemente i suoi impieghi e le sue proprietà, sul piano emozionale invece riprendiamo la simbologia antica della pianta. Quella luce assorbita e restituita di cui sopra è quella che l'abete ci restituisce condensata e raccolta nel pieno dell'inverno, una promessa di luce quando intorno c'è solo il buio. Infatti respirare, ingerire o applicarsi sul corpo un preparato a base di abete aiuterebbe a trovare la forza d'animo in momenti di sconforto e ad aprirsi alla possibilità di un futuro più luminoso. Una goccia di essenza applicata sui vestiti farebbe sentire più forti e protetti in situazioni o con persone ostili. Il condizionale è d'obbligo anche se sempre più persone riconoscono e accettano serenamente che il mondo è fatto anche e soprattutto di ciò che non vediamo. E comunque è sempre un esercizio interessante soffermarsi su ciò che ci evoca la nostra personale percezione di un aroma naturale, quali sensazioni si sono amplificate, quali sono scomparse o quali sono apparse dal nulla. Ovviamente si parla esclusivamente di oli essenziali puri, mai di qualcosa "al profumo di".
Ho convinto qualcuno a non abbandonare l'abete dopo il Natale?

sabato 16 luglio 2016

Gelo d'estate: la menta piperita


Abbiamo citato la menta piperita perché è una delle varietà più note, in realtà esistono decine di ibridi più o meno famosi e quasi tutti vantano le stesse proprietà. Anzi, la menta piperita stessa, che è in assoluto la più conosciuta e utilizzata è un ibrido tra varietà più antiche, la menta acquatica e la menta spicata.

Alcune specie rientrano anche nel nostro quotidiano, solo che non ne conosciamo il nome botanico. La menta pulegium, ad esempio, è famosa in tutto il lazio con il nome improprio di "mentuccia", utilizzata abbondantemente nella preparazione di alcuni piatti regionali, come i famosi carciofi alla romana dove spicca come erba aromatica principale. Nell'antichità era famosa per allontanare i parassiti tanto che il suo nome pulegium deriva dal latino pulex, ovvero pulce.

Bisognerebbe rotolarci i gatti come fettine panate, almeno potremmo evitare l'uso di antiparassitari chimici! Peccato che i teneri micini non gradiscano le erbe aromatiche, anche se la menta è una delle poche che potrebbero tollerare.

In teoria, perché in pratica se gli si sventola sotto il naso qualcosa di profumato, il nostro felino ci guarda male. Molto male.

Almeno il mio.



Accantoniamo il gatto e proseguiamo con le varietà di menta che sicuramente sono più profumate.



La menta glacialis e la menta arvensis sono invece quelle con la più alta concentrazione del principio attivo più famoso della menta, il mentolo, utilizzato largamente in profumeria, per confezionare farmaci, nei dentifrici e nei detergenti in generale e nel settore alimentare come aromatizzante. Il mentolo è anche il responsabile della maggior parte degli effetti teraputici della menta.

Una curiosità: esiste una variante giapponese della arvensis che cresce esclusivamente su terreni vulcanici e che pare vanti delle proprietà molto più marcate rispetto ad altre tipologie di menta. Sicuramente è più piccola, selvatica e ha quantità di mentolo più elevate.

O forse è solo l'ennesimo boom pubblicitario erboristico: ogni anno viene "chiacchierata" una pianta in particolare, elogiandone le mille virtù come se fosse stata scoperta in quel momento e non da migliaia di anni e viene semplicemente posta al centro della scena. State sicuri che i marchi più in vista produrranno delle confezioni di capsule o flaconi di sciroppo proprio a base alla pubblicizzatissima di turno.

Un'altra menta ormai molto diffusa è la varietà citrata, più nota con il nome di menta bergamotto, dalle foglie non verdi ma tendenti al rosso e dalla caratteristica nota agrumata. Ottima per aromatizzare il tè.

Da qualche tempo gira anche una menta mohito, sicuramente una varietà molto più recente e che prende il nome dal famoso cocktail a base di menta, lime, rum e zucchero di canna; pare che questa menta, dal gusto più delicato e meno pungente delle altre, sia il segreto per la preparazione originale del mohito.

Chiudiamo con l'ancora diversa menta marocchina, utilizzata per preparare il famoso tè del Marocco: denso, dolcissimo e dal profumo inconfondibile di questa particolare menta dalle foglie aghiformi, simili a quelle del rosmarino. Ho depredato la mia pianta molto spesso per prepararlo.



Comunque, a prescindere dalle singole varietà, abbiamo detto che tutte le specie o sottospecie vantano più o meno le stesse proprietà.


 

La menta ha una spiccata attività sull'apparato digerente e su quello respiratorio.

Si occupa di presenziare e intervenire in tutte le fasi della digestione: è sia un ottimo aperitivo, ovvero in grado di stimolare il senso della fame dove non c'è, che un miracoloso digestivo in caso la fame abbia invece preso il sopravvento.

Una tazza di infuso di menta piperita (o altra specie) vi aiuterà a digerire il superpranzo di nonna Pina e vi lascerà anche un'ottima bocca. Non a caso, il suo principio attivo più famoso, il mentolo, è noto per combattere l'alitosi. Ha un'azione marcata sul fegato, perché aumenta la produzione di bile e il suo olio essenziale pare sia in grado di contribuire all'eliminazione dei calcoli biliari. E' raccomandata dunque nelle digestioni difficili, nella nausea, nelle aerofagie e nelle intossicazioni gastrointestinali. Un tempo si prescriveva anche nella tosse convulsa, unita a un pizzico di fiori di lavanda.

Se non avete ancora provato il sapore di lavanda e menta insieme, che abbiate la tosse o meno, fatelo perché è una vera scoperta; ovviamente con questo caldo potete berla tiepida o addirittura trattarla come una buona bibita da tenere in frigo, magari dolcificandola con un po' di zucchero di canna o della polvere di stevia. Una delizia da assaporare al posto della classica limonata estiva.



I medici una volta la raccomandavano come stimolante per chiunque soffrisse di debolezza generale, dovuta a malattie in corso o appena terminate, in cui il paziente aveva bisogno di riprendersi e di rimettere in moto le naturali funzioni dell'organismo.

Per il mal di testa si usava spesso strofinare delle foglie di menta sulle tempie, dato che è molto attiva sul sistema nervoso. Dopo vedremo come.



Per l'apparato respiratorio, come dicevamo, è una vera e propria panacea. Espettorante e spasmolitica, la menta deve gran parte dei suoi effetti terapeutici al mentolo che ha un ottimo potere antisettico. Talmente potente che medici come il dottor Koch, noto per il suo bacillo, sperimentò che in una soluzione allo 0,50 per cento, l'olio essenziale di menta distrugge i bacilli del colera.
Altri medici stabilirono che non c'era nulla di meglio per sterminare i germi di origine parassitaria come la difterite e la tisi, oltre il colera.

Da notare che in questi ultimi casi si parla di olio essenziale di menta, non della pianta intera. E questi utilizzi sarebbe meglio lasciarli ai professionisti.

Ricordiamo che il mentolo è il responsabile della maggior parte degli effetti terapeutici della menta. Ma non di tutti. L'olio essenziale è sicuramente un concentrato di mentolo, ma non è detto che sia da preferire in tutti i casi. Ad esempio, è indicato per tutte le irritazioni della pelle, essendo un antipruriginoso, ma in diluizioni appena superiori all'uno per cento, diventa irritante a sua volta. Ad alte dosi è tossico, quindi molto più difficile da maneggiare rispetto ad una semplice tisana... che contiene anche mentolo, oltre a tutti gli altri componenti della pianta che nel loro complesso hanno un senso e un'utilità ben definita. A meno che non ricompaia il colera o simili, è sempre l'insieme che funziona meglio rispetto all'isolamento di un singolo componente.

E vale tanto per gli umani che per le piante.



Lasciamo il colera ai tempi che furono e torniamo ai neanche troppo banali raffreddori e influenze, dato che possono colpire con intensità molto variabili. In tutti i casi, diverse tazze di infuso di menta al giorno (non certo una sola) apporteranno un deciso sollievo per tosse secca, asma, costipazioni bronchiali, sinusite e abbassamenti di voce, insomma tutte le manifestazioni sintomatiche delle malattie da raffreddamento. Il potere antisettico del mentolo, d'altra parte, come arriva a dare fastidio ai patogeni che provocano ad esempio, la diarrea, allo stesso modo infastidisce l'azione batterica a livello respiratorio. Arriva ovunque.

Per uso esterno gli utilizzi della menta sono altrettanto variegati.

I lavaggi e le frizioni con acqua di menta sono di efficacia più che collaudata; per i dolori reumatici si utilizzavano i bagni e successivamente le frizioni con olio essenziale (sempre diluito), o anche per le nevralgie facciali o l'emicrania. Si possono fare dei gargarismi per gengivite, stomatite o semplicemente per profumare l'alito. E se avete preparato troppo infuso e non avete più voglia di berlo, non gettatelo via: intingendo un batuffolo di ovatta, diventa un ottimo tonico per il viso oppure applicandolo sul cuoio capelluto senza risciacquare fungerà da astringente per i capelli eccessivamente grassi e aiuterà a combattere la forfora.
  



C'era una vecchia diatriba su questa pianta, ovvero menti brillanti che sostenevano esattamente l'uno l'opposto dell'altro: Ippocrate e Aristotele la giudicavano anafrodisiaca mentre il Mattioli e altri sostenevano che invece favorisse la libido.

Gli ebrei cospargevano di menta il letto degli sposi novelli e veniva utilizzata dalle fattucchiere nelle preparazioni di filtri d'amore.

Gli antichi romani proibirono addirittura con una legge di piantare e utilizzare la menta in tempi di guerra perché si credeva che esercitasse "un'azione deleteria sulla secrezione seminale e che deprimesse coraggio e virilità".

Chi aveva ragione?

Dioscoride spiegò che pur accendendo il desiderio sessuale, renderebbe le donne sterili: applicata preventivamente, ostacolerebbe il concepimento impedendo al liquido seminale di coagularsi. O almeno questo si credeva.

Presa in grande quantità, indebolirebbe anche l'organismo..come farebbe qualunque sostanza di cui si tende ad abusare. Forse è per questo che se ne vietava l'uso durante la guerra, ossessione del genere umano da sempre.



Abbiamo menzionato la parola "gelo" associata alla menta. Ogni volta che assaggiamo o utilizziamo un prodotto esterno a base di menta proviamo un brivido di freddo...o al massimo di fresco, in estate. Eppure non ci sono variazioni reali di temperatura. E allora perché?

Esattamente come fa la capsaicina, principio attivo del peperoncino, il mentolo inganna il nostro cervello con un complicato meccanismo di neurotrasmettitori e recettori che non stiamo qui a sviscerare, facendogli credere che ci sia qualcosa di gelido mentre invece è tutto falso. E' questa la famosa azione della menta sul sistema nervoso. E questo inganno permette mille e più benefici. Pensiamo ad esempio agli stati infiammatori, disturbi chiaramente provocati da eccesso di calore; applicando un semplice unguento alla menta, il recettore responsabile comunica subito al cervello il cambio di temperatura, placando immediatamente il bruciore fastidioso (e spesso anche doloroso) dell'infiammazione e apportando un istantaneo sollievo.

Il nostro corpo può così beneficiare degli effetti del freddo anche in piena canicola. Approfittatene a piene mani con uno sciroppo o un gelato di menta fatti in casa o se volete le maniere forti prendete un flacone da 100 ml con spruzzatore, riempitelo di acqua distillata e aggiungete una o due gocce di olio essenziale puro di menta. Agitate e spruzzate senza pietà su tutto il corpo, evitando le mucose e gli occhi, chiaramente.

Non vi sentite già un po' più freschi?

mercoledì 25 maggio 2016

Calmati... ovvero, camomillati

Restiamo in aria pseudo primaverile e parliamo di un altro regalo di questa timida e colorata stagione.
Eravamo abituati a vederne i prati pieni, collinette colorate di un soffice bianco e giallo e con un profumo che stordiva gli angioletti (in senso buono, ovviamente!).
Parlo al passato perché ora restano poche tracce di camomilla, o almeno di quella selvatica che naturalmente è la migliore. Ogni maggio è ormai listato a lutto dalla scomparsa di questo indispensabile fiore.
Adoro la camomilla e mi piace parlarne. Ma prima un piccolo consiglio, anzi un monito :)



Non fatevi sfuggire questo periodo! Le piante aromatiche e medicinali sono al top da adesso fino a settembre. I primi di maggio sono stata costretta a tagliare un mega cespuglione di melissa che stava uccidendo la maggiorana e soffocando l'origano. E' già il secondo anno che la melissa la fa da padrona. Prima c'era stata l'invasione spontanea della menta piperita e l'anno ancora prima è stato il turno della salvia.
Insomma, dipenderà dal delicato equilibrio di condizioni climatiche, acqua, cure ricevute e non so che altro, ma ogni anno c'è una pianta officinale che primeggia sulle altre con un'abbondanza di produzione preoccupante. Preoccupante solo perché ce ne è talmente tanta che non sappiamo più come riciclarla e l'idea di gettare via preziose foglioline ricche di principi attivi utili e profumati, fa semplicemente rabbrividire.
Niente paura, non se ne parla proprio.
Tagliate senza pietà il cespuglio killer della officinale di turno che sta invadendo il vostro giardino, tanto tra poche settimane sarà cresciuto di nuovo più di prima. Lavate velocemente le foglie sotto l'acqua (se è del giardino di casa quindi senza pesticidi o simili, al massimo saranno irrorate da pipì di gattacci… affettuosamente parlando!) e dategli un'asciugata leggera, senza strofinare troppo le foglie. L'ideale sarebbe scuoterle per togliere l’acqua in eccesso e poi metterle su un panno ad asciugare girandole di tanto in tanto. Una volta asciutte, mettetele in alto a testa in giù ad essiccare. Senza troppe storie, io ho usato lo stendino della mia cucina a legna ma vanno bene anche delle comunissime corde per i panni o potete metterle sulla retina di un setaccio avendo cura che ci sia ventilazione anche sotto.
Insomma, nel giro di una settimana ho accumulato due barattoli giganti colmi di melissa secca che profumerà le mie lunghe giornate invernali, quando il giardino sarà vuoto, brullo e gelido e io mi preparerò una tazza fumante di questo prezioso regolatore del buon umore con ottime proprietà antivirali, guarda caso, utilissime in inverno.
Naturalmente da qui fino a settembre rischio di riempire altri 6 barattoli, ma non sarà un problema.
Si possono sempre inondare le case di amici e parenti o farne dei cuscinetti profumati per l’armadio :)
Se non avete voglia di essiccarla tutta, provate a tritarne qualche foglia fresca sulle fragole tagliate a pezzi, o a preparare, gelati, sorbetti e geli.
Per tutte le altre aromatiche medicinali (timo, rosmarino, salvia…) anche se non producono in eccesso, da qui a settembre almeno un paio di raccolti ci scappano. Dopo, anche se continueranno a sopravvivere durante l’inverno, i loro oli essenziali saranno decisamente più poveri… per poi riprendere a formarsi in primavera e così da capo. Quindi approfittiamone finché è il loro tempo balsamico.
Ma torniamo alla nostra camomilla.



E' un fiore antico, nel senso che le sue proprietà erano note già ai tempi di Galeno; infatti fu lui ad utilizzarla contro le emicranie e le nevralgie. La usò anche contro le coliche e le affezioni del fegato. E’ un calmante nel senso più ampio del termine: va dal conciliare il sonno alla sua azione sui crampi allo stomaco e sui disturbi gastrici in generale. Se aggiungiamo anche la classica tazza di camomilla che calma i dolori mestruali, usanza presente in tutta Italia, si delinea il quadro di questo indispensabile fiore: la sua marcata attività sul sistema digestivo e sul ciclo mensile. Il nome botanico, Matricaria deriva infatti dal latino matrix, cioè utero.
La camomilla è sia un aperitivo, in grado cioè di stimolare il senso di fame, sia di alleviare le conseguenze dell’eccesso del senso di fame :) I mal di testa sui quali agisce meglio sono infatti quelli provocati dalle cattive digestioni.
Resta comunque un rimedio principe per le emicranie di qualunque origine, sia che provengano da un inizio di rinite o da un ciclo mestruale difficile, o ancora da nevralgie. Sul sistema nervoso è veramente una bomba, è in grado di “camomillarlo” senza pietà :)

Un po' dappertutto si legge che la camomilla è un “blando” analgesico.
Ho avuto modo di sperimentare il suo effetto più volte, sulla mia pelle e su quella di amici e parenti. L’ho e l’abbiamo trovata tutt’altro che “blanda”.
Forse è una questione di concentrazione di principi attivi, in fondo l’oleolito di camomilla di cui mi servo lo preparo personalmente seguendo più l’istinto che le ricette. Ed è molto concentrato.
O forse anche la provenienza della materia prima potrebbe essere importante: se arriva dalle bustine del supermercato, sarà diversa dalla camomilla colta a mano in campi il più lontani possibile dal passaggio dalle macchine o da inquinanti in generale. Saranno questi i motivi, visto che con questo fiore abbiamo risolto problematiche davvero importanti, tanto che in casa il mio olio di camomilla non manca mai.



La mia mamma ha sempre sofferto di forti mal di testa, tanto da doversi chiudere al buio per diverse ore con il farmaco di turno. Negli anni ‘80 andava di moda prescrivere la Novalgina e lei ne ha fatto un uso smodato nel tentativo di arginare i dolori di quelle emicranie che ricorrevano almeno tre volte la settimana. Anni fa, durante uno di quegli episodi, dopo diverse ore di nausea e una puntura di Voltaren che non aveva prodotto alcun risultato, ho provato a massaggiarle la testa con una piccola quantità di quell’oleolito che avevo fatto quasi per gioco e senza nessuna pretesa di avere un qualche effetto su quei dolori lancinanti. Volevo solo rilassarle un po’ i muscoli.
Immaginate la mia sorpresa quando dopo già qualche minuto ho visto distendersi i lineamenti del suo viso, contratti da ore in smorfie doloranti. Dopo ancora qualche altro minuto di massaggio sul cuoio capelluto, dormiva profondamente. Al risveglio non aveva più nulla… tranne la testa imbrattata di olio :) Un piccolo inconveniente di fronte a risultati che all’epoca ci hanno lasciati a bocca aperta. La camomilla era arrivata senza sforzo dove il Voltaren aveva fallito.
Ma non era “blanda”?

Questo l’episodio più eclatante. Poi ci sono decine di contratture muscolari, grandi e piccole, che ora sono solo un ricordo; anche massaggiato sulla pancia lenisce i dolori mestruali, aiuta a prendere sonno e una mia amica lo usa come antidepressivo di emergenza, mettendone qualche goccia sui polsi, strofinando e inspirando. Insomma, ognuna delle persone cui l’ho dato ne ha personalizzato l’uso, dandomi anche un sacco di dritte!
Un altro episodio che la prima volta ci ha sorpreso non poco è di come siamo caduti addormentati in pieno pomeriggio, seduti davanti a un tavolo, mentre pulivano l’enorme quantità di camomilla che occorreva per l’olio. Solo i vapori di quel mare di fiori appena colti ci ha rilassati fino al sonno!
La saggezza popolare di chi conosce profondamente le piante, consiglia di camminare a piedi nudi in un campo di camomilla per far svanire stress e tensioni.
Quanto è vero :)



I principali tipi di camomilla sono due: la matricaria e la romana, l’anthemis nobilis. Personalmente preferisco la matricaria, selvatica e super aromatica, anche se più piccola e più rara.
Comunque se trovate un campo di camomilla di qualunque tipo, trattatelo come un tesoro.

Il suo uso esterno riguarda principalmente le infiammazioni di tutti i tipi, dalla pelle agli occhi. Sono famosi gli impacchi di infuso di camomilla per la congiuntivite, blefarite o semplicemente per gli occhi stanchi e arrossati. La sua azione decongestionante e antinfiammatoria la rende utile anche per sciacqui gengivali e impacchi lenitivi per le emorroidi.
Inutile menzionare anche l’effetto schiarente sui capelli, famosissimo, che tra l’altro funziona meglio se aggiungete un limone a pezzi, compresa la buccia.
Per le dermatosi umide meglio utilizzare anche qui compresse di garza imbevute di infuso: l’oleolito potrebbe peggiorare la situazione per la sua componente grassa. Invece è ottimo per pelli secche, screpolate, danneggiate e affette da couperose.
Per rispetto nei confronti di chi mi legge non accennerò neanche al suo meraviglioso olio essenziale: avreste ancora 10 pagine davanti :) Meglio rimandare a un successivo approfondimento esclusivamente di aromaterapia.

Anticamente la camomilla selvatica era utilizzata contro le febbri intermittenti, come antidoto alle coliche e come sedativo per gli isterici. Ottima anche nei raffreddori e nelle congestioni. Alcuni medici consideravano la camomilla non propriamente come un rimedio per l’influenza, ma notavano come nelle case dove se ne faceva un uso preventivo, queste poi non venivano colpite dal contagio. Oggi possiamo spiegarlo con la sua azione batteriostatica, ovvero che non uccide il microrganismo (come farebbe un battericida) ma ne limita o ne inibisce la proliferazione.

Parlando di simbolismo, ho trovato su alcuni testi che la camomilla ha ispirato il significato di "Forza nelle avversità": sarà per il suo effetto calmante e antidepressivo, oppure perché i giardinieri sono soliti sistemarla in cespi accanto alle piante più deboli e sofferenti per aiutarle a riprendersi. Ottenuto lo scopo, la camomilla viene tolta per dare modo alle piantine non più deboli di cavarsela con le loro risorse. 

Studi recenti le attribuiscono anche un effetto ipoglicemizzante, per cui risulta ottima per i diabetici.
Per quanto riguarda le controindicazioni non ce ne sono molte, se non che appartenendo alla famiglia delle Asteracee, può provocare delle reazioni allergiche, ma non è un effetto comune.
Medici esperti di erboristeria raccomandano di non prenderla insieme a dei sonniferi altrimenti potrebbe potenziarne l’effetto: questa più che una controindicazione è semplice buonsenso :)
Infine, per il suo contenuto di cumarina potrebbe potenziare gli effetti degli anticoagulanti e degli antiaggreganti piastrinici. Quindi occhio se assumete farmaci per fluidificare il sangue… ma per un qualche effetto collaterale degno di nota, dovreste assumere litri di camomilla :)
Una tazza calda è un gesto antico che si tramanda da generazioni, magari utilizzate solo la precauzione di non lasciarla in infusione più di 5 minuti: superato questo tempo, a parecchi fa l’effetto contrario: sveglia invece che assopire!



Ci sarebbe ancora molto da dire, specialmente parlando dell’effetto che ha la camomilla sulla psiche; qualcosa potete trovarlo in gelo di mezzanotte dove, oltre a una preparazione assolutamente originale e sfiziosissima, si parla anche di questo.

Per preparare un buon vino medicinale, digestivo e buono per le dispepsie in generale, oltre che per calmare i nervi, si prende 1 litro di vino appena un poco dolce e ci si mettono a macerare 150 gr di camomilla secca per circa tre settimane. Dopo filtrare e aggiungere 100 ml di acquavite. Aspettare ancora un paio di settimane per utilizzarlo a cucchiai o a bicchierini.

Vi lascio infine con le indicazioni per preparare l’oleolito che mi ha dato così tante soddisfazioni: far essiccare (tanta) camomilla e una volta pronta riempite a ¾ un barattolo di vetro chiaro (dimensioni a scelta), poi coprite il tutto con olio extra di buona qualità e mettete al sole per 15-20 giorni, avendo cura di agitare una volta al giorno e ritirarlo in casa appena scende la notte. Trascorso questo tempo, filtrate con l’aiuto di una tela di cotone a trama fitta, strizzate bene e nello stesso olio aggiungete fiori nuovi, sempre essiccati e sempre in barattolo. Ripetere il procedimento dei 15-20 giorni. Io lo ripeto almeno 3 o 4 volte, contrariamente a quanto suggeriscono la maggior parte delle ricette, che prevedono un solo passaggio. Dopo averlo filtrato l'ultima volta, conservare in bottiglie di vetro scuro e al riparo dalla luce. E’ talmente concentrato che dovrete usarlo a gocce.

Spero di esservi stata utile, quando qualcosa funziona è sacrosanto condividere.

Un saluto a tutti








giovedì 12 maggio 2016

Non gettate l'ortica alle ortiche

Quasi tutti conoscono e apprezzano questa pianta.
In realtà il tempo delle ortiche sarebbe cominciato all'inizio della primavera...se ne avessimo avuta una. L'estate 2015/2016 ha conosciuto qualche lieve battuta di arresto ed è finalmente finita qualche settimana fa, ma non disperiamo: la nuova estate 2016/2017 è già alle porte e probabilmente pronta a ripartire già dalla prossima settimana. Chissà se e quando finirà. Forse il grill resterà acceso 12 mesi l'anno.

Considerazioni disperate a parte, il periodo di raccolta dell'ortica può durare anche fino ad agosto e oltre se si ha cura di staccare esclusivamente le sommità fiorite e le foglie, senza però toccare la parte legnosa. La piantina continuerà a ricrescere per tutta la stagione dandoci l'opportunità di approfittarne ed eventualmente essiccarla per poterla utilizzare nelle preparazioni più svariate. Per uso erboristico sarebbe meglio cogliere le foglie entro giugno, prima della fioritura, mentre in cucina possiamo spadellarle per tutta l'estate e anche oltre. Una delle piante più versatili mai conosciute. E anche parecchio aggressiva, all'apparenza.


Le sue armi sono quei peli fitti e sottili dalla forma tubolare che ricoprono le foglie e che sono composti da acido silicico. Se disgraziatamente toccati, si spezzano facilmente come un ago di vetro e iniettano acido formico e istamina al malcapitato di turno. L'effetto in genere è molto irritante, praticamente come una piccola ustione. La zona diventa velocemente rossa e si formano delle piccole vesciche che però tendono ad assorbirsi altrettanto rapidamente. Per lenire il bruciore si può applicare del gel di aloe o una goccia di olio essenziale di lavanda (pura o mischiata al gel di aloe stesso). Infatti, il nome Ortica deriverebbe dal latino urere, cioè bruciare. Ma una volta seccata, spadellata o bollita i suoi aculei vetrificati diventano innocui.
In un trattato erboristico del 1940, un medico definì l'ortica come "un uomo burbero ma di molto buon cuore".
Una piccola ulteriore precauzione: prima di essiccarla, sarebbe meglio stenderla su un telo e privarla dei suoi sicuramente numerosi amichetti che abitano le sue foglie: sarà agguerrita con chi cerca di coglierla ma è sicuramente molto ospitale con insetti come formiche, mosche di varie dimensioni e altro. Infatti pare abbia un ottimo rapporto con il mondo animale: il suo apparato radicale "lavora" il terreno e lo rende appetibile, scuro e ricco di humus, attirando altri animaletti sottoterra, viscidi ma indispensabili: i lombrichi. Insomma, coglietela e dategli una bella ripulita, sotto e sopra :)
Per finire, non è che sia propriamente invitante neanche alla vista: le foglie sono dentellate e verde scuro, le infiorescenze non sono particolarmente belle e neanche profumate. Una piantina sostanzialmente anonima, di quelle che non esiteremmo ad estirpare o a tranciare di netto catalogandola come "erbaccia".
Sono sempre le migliori. Non ho nulla contro i fiori coltivati, blasonati e super appariscenti, ma spesso sono solo ornamentali. I fiori di campo spontanei invece celano una dispensa e una farmacia, oltre ad essere un regalo che gli occhi non si stancano mai di guardare. I prati di maggio sono rossi di papaveri, gialli di tarassaco, indaco di borragine e celesti di cicoria, tanto per dirne alcune. E ognuna di queste piante merita un trattato a sé. Glielo dedicheremo senz'altro.

Tornando all'erbaccia di oggi, punge e come se non bastasse predilige luoghi incolti e abbandonati per crescere, tanto da incoraggiare detti come “ci crescono le ortiche”; per i religiosi che rinunciavano alla fede si diceva “hanno gettato il saio alle ortiche”, nel senso che lo hanno abbandonato fuori mano. Di una persona si dice che “punge come l'ortica”. Persino alcune meduse sono state chiamate “ortiche di mare”. Non poteva avere una buona fama.
Tra i luoghi incolti e abbandonati di cui sopra, l'ortica predilige i letamai, rotaie di treni in disuso e reti metalliche: è attratta dal ferro e dai metalli in generale e anche da luoghi in cui si accumula dell'azoto. Poi li restituisce in forma assimilabile: l'ortica infatti è considerata una delle migliori piante remineralizzanti in circolazione, quindi ottima per chiunque abbia bisogno di fare il pieno di ferro, zolfo, calcio e potassio.
Inutile ricordare che per letamaio si intende anche uno scarico fognario, quindi sarebbe buona regola fare attenzione a dove si coglie l'ortica destinata ad uso erboristico o alimentare. O a qualunque altro uso umano. Fogne a parte, occorrerebbe evitare i terreni potenzialmente inquinati, ad esempio le aree o ex aree industriali e naturalmente le ortiche che crescono ai margini delle strade trafficate, ben pasciute e ricche di gas di scarico.
Sarà per questo che l'unica pianta che si vede lungo le autostrade italiane è il pericolosissimo e mortale oleandro. Nessuno cadrebbe in tentazione di coglierlo.


L'ortica contiene diverse vitamine, principalmente la A, la C e la K ed è anche una buona fonte di proteine, sia fresca che secca: quando è fresca ne contiene da 6 a 8 g ogni 100 g, essiccata ne contiene da 30 a 35 g (percentuale vicina a quella della soia, uno dei legumi più ricchi di proteine). E' un potente regolarizzante delle funzioni intestinali, in grado di riportare in stato di equilibrio sia in caso di diarrea che di stitichezza.
L'ortica è una delle piante che aiuta a regolarizzare il ciclo mestruale ed è utile anche in menopausa come fonte di calcio. In più, cosa che non guasta in entrambi i casi, è un tonico per il sistema nervoso.
Ha un forte legame con l'elemento sangue nell'uomo: è emostatica, ovvero arresta le emorragie, infatti in caso di sanguinamenti nasali basterà introdurre nella narice un tampone imbevuto di succo di ortica. Funziona anche per le ferite. Ovviamente, in caso abbiate ricevuto un'accettata da un serial killer sarebbe meglio farsi vedere da un medico.
Inoltre le foglie contengono clorofilla in abbondanza, il colorante verde del mondo vegetale, la cui composizione chimica è molto simile a quella dell'emoglobina che tinge di rosso il nostro sangue. Per terminare la panoramica splatter, i preparati a base di ortica favoriscono la produzione di ferritina, la proteina responsabile dell'assorbimento del ferro e stimolano l'assorbimento di altre sostanze fondamentali per il nostro sangue. Utile in caso di anemia o di suzione vampirica :)

Non è un caso che questo vegetale pungente inizi a produrre i suoi principi attivi proprio in primavera: oltre a stimolare il metabolismo, la sua caratteristica principale infatti è quella di attivare nel corpo una potente forma di depurazione dopo i probabili eccessi alimentari invernali. Chi non ha esagerato con fritti bisunti, torte al triplo cioccolato e doppia razione di zucchero nel cappuccino, scagli la prima pietra...:) O forse no. In effetti questo ultimo inverno estivo ha lasciato poco spazio alle calorie alimentari, troppo caldo anche per una cioccolata tiepida davanti a un caminetto spento.
Comunque, eccessi o meno, l'ortica è un ottimo depurativo anche della pelle: eczemi, acne e dermatosi in generale spesso sono il risultato di disordini alimentari o di un malfunzionamento dei meccanismi di eliminazione delle tossine. Se assumete l'infuso prendetene almeno 3 tazze al giorno, di cui la prima al mattino a digiuno. Una tazza al giorno è sempre meglio che niente, ma le tisane per funzionare bene hanno bisogno di assunzioni decise. Ha un buon sapore e sarebbe meglio lasciarla al naturale ma se proprio volete dolcificarla, la stevia andrà benissimo.

Gli estratti di ortica, fresca, secca o in tintura madre, hanno inoltre effetti benefici sulle ossa: sono efficaci in patologie come l'artrosi e l'artrite, migliorano la mobilità delle articolazioni e leniscono i dolori dovuti all'infiammazione. Ha effetto diuretico e la sua assunzione rinforza anche unghie e capelli per il contenuto di rame e zinco.

Meno noti sono gli effetti del decotto su tosse e catarro, pare sia un vero toccasana. Un tempo si facevano anche bollire le sue radici nel latte che poi si beveva contro i calcoli biliari, che pare venissero sciolti e "portati fuori dal corpo insieme con altre impurità". In tempi ancora più remoti si decantavano le sue virtù come afrodisiaco, gli scritti di Plinio descrivono come si sfregassero con l'ortica i genitali dei quadrupedi restii ad accoppiarsi. Forse non era esattamente il fuoco della passione quello che provocavano...


Una pratica antica e in uso ancora oggi è quella dell'"urticazione", che consiste nel percuotere la parte malata con un piccolo fascio di ortiche fresche; queste "frustate" che mettono a contatto i peli irritanti dell'ortica con ad esempio un'articolazione infiammata, producono un effetto chiamato "revulsivo", per il quale il sangue viene attratto in superficie decongestionando così i tessuti interni e apportando un deciso sollievo. Ottima pratica per dolori sciatici, reumatici e gottosi. Si utilizzava anche nelle paralisi e nei colpi apoplettici.
L'ho vista fare una volta quando ancora non credevo, anzi quando non avevo proprio la minima idea di cosa fosse la medicina popolare e la saggezza che si portava dietro. Per me era solo un povero cristiano picchiato con una pianta "velenosa" che tutti noi evitavamo come la peste durante le passeggiate nei campi. Il famoso abate Kneipp disse in proposito: "Alla paura della verga insolita succederà grande contentezza che il male sia cessato". Quando il povero cristiano infatti ha detto tra lo stupore generale che si sentiva meglio, la mia mente e credo quella degli altri presenti lo ha accettato così, come se niente fosse, senza porsi domande e senza pensare allo scetticismo di pochi minuti prima. Ho semplicemente archiviato la cosa e pensato subito ad altro. Sono incredibili i meccanismi di rimozione della mente umana davanti a qualcosa che non sa spiegarsi.
Ma in fondo basta un'occhiata ai meccanismi della politica mondiale o più in piccolo, a Montecitorio: nessuno sa realmente cosa facciano e con quale criterio prendano decisioni sulla nostra testa, ma ci va bene così. Abbiamo altro a cui pensare.
Torniamo all'ortica, anche se questo argomento irrita e prude come i suoi peli.

Altri usi esterni della nostra tenera piantina sono legate ai capelli. Le sue virtù astringenti la rendono preziosa per diversi problemi; estratti di ortica in alcol o aceto e il decotto concentrato di radici, sono rimedi ancora oggi in uso e di fama comprovata contro la caduta, la forfora e i capelli grassi e opachi. Una lozione utile si prepara con 60 gr di radice essiccata e 60 gr di origano (sempre secco) messi a macerare per un mese in un litro di acquavite. Trascorso questo tempo, si possono cominciare ad effettuare delle frizioni quotidiane con 10/15 gocce sul cuoio capelluto per contrastare la caduta.
Chi si occupa di agricoltura e giardinaggio con metodi biologici e biodinamici conosce anche troppo bene le qualità dell'ortica. Il suo macerato viene utilizzato in due modi: come concime e come antiparassitario. Per concimare le piante, si prende un Kg di ortica (tutta la pianta: steli, foglie e radici) e la si ricopre con circa 10 litri di acqua; si mette una rete a protezione e si lascia macerare per 10 giorni, avendo cura di mescolare una volta al giorno. Trascorso questo tempo, si filtra e si utilizza diluendone un litro in 10 litri di acqua. Se invece volete utilizzarlo per eliminare gli afidi, non occorre aspettare i 10 giorni, ma 24 o al massimo 36 ore per lasciare intatto l'acido formico dei peli che provvederà ad allontanare gli afidi; in questo caso ne occorrerà un litro diluito in 5 litri di acqua da spruzzare più volte sulle piante colpite.

Per quanto riguarda i suoi usi in cucina non c'è che da guardarsi intorno. Cresce praticamente ovunque e ogni regione d'Italia la impiega a modo suo. Era utilizzata soprattutto nella cucina povera per insaporire frittate e minestroni, in maremma ci si prepara uno squisito risotto, ma la si può adoperare anche come ripieno per pasta fresca insieme a patate lesse o ricotta, nell'impasto degli gnocchi o delle fettuccine; le sue foglie sbollentate si potrebbero utilizzare al posto delle foglie di verza e riempirle come involtini di qualunque cosa. Ci si può aromatizzare anche il pane. La lista potrebbe continuare all'infinito, basta assaggiarla, farsi ispirare e lasciare la fantasia a briglia sciolta. Ha un sapore sorprendentemente dolce e denso di sfumature che arricchirebbero qualsiasi piatto. Infinitamente più saporita degli spinaci. Personalmente alla lessatura preferisco le cotture veloci che non privano quasi di nulla. Se la cuociamo direttamente in padella tutti suoi nutrienti passeranno direttamente nel piatto. Se la lessiamo, dovremmo bere soprattutto l'acqua di cottura, perché sarà tutto lì dentro quello che ci serve.


Non lascia a bocca asciutta neanche gli animali: la polvere di ortica viene infatti mescolata ai mangimi per le galline per renderne più sana e completa la dieta.

Come se non bastasse, molto prima del cotone e del lino, la fibra di ortica veniva utilizzata per produrre una tela verde praticamente indistruttibile. Fino agli anni settanta/ottanta era molto usata in Trentino e in Veneto, anche se realizzarla è molto impegnativo: da cinque chili di ortica fresca si ottengono appena 20 grammi di filato. Una maglia di ortica è un capo davvero prezioso: per realizzarla, dalla raccolta delle piante al confezionamento, ci si può impiegare anche un anno e mezzo. Ma il risultato è un capo naturale, anallergico e con una caratteristica particolare: le fibre di ortica possiedono una struttura cava che gli permette di accumulare aria al loro interno creando una sorta di isolamento termico naturale. Inoltre coltivare l'ortica non comporta l'uso di pericolosi agenti chimici: queste piantine sono resistenti alle malattie e alle piante infestanti...essendo loro stesse delle infestanti!
Medicinale, cosmetica, agricola, culinaria e anche indossabile.

Cosa deve fare ancora questa povera ortica? Spazzarci pure i pavimenti?