La
cannabis a basso contenuto di THC che rilassa ma non “sballa” sta
spopolando e ha creato un giro d’affari molto appetibile. Ma la
legge non è poi così chiara: il consumatore può stare davvero
tranquillo senza incorrere in problemi con la legge? E per cosa si
può utilizzare inoltre questa pianta light?
Ormai possiamo trovare della cannabis legale anche dal tabaccaio sotto casa, per non parlare dei servizi dedicati che stanno spuntando come funghi: basta una semplice telefonata e ti arriva direttamente a domicilio con consegna espressa entro un’ora dall’ordine, come la pizza del sabato sera.
Poco importa se ci si riferisce a una forma leggera di canapa, resta comunque uno shock vedere l’aggettivo “legale” accostato al sostantivo “cannabis”. Ma adesso è davvero realtà e speriamo sia il primo di una lunga serie di atti riabilitativi verso una pianta che ha davvero tanto da dare...forse troppo per una società fondata quasi esclusivamente sul pagare qualunque cosa. Ma procediamo con ordine.
Questa
canapa che hanno finalmente legalizzato presenta
bassissimi livelli di THC (tetraidrocannabinolo),
ovvero la sostanza responsabile dell’effetto psicotropo della
pianta più famosa di tutti i tempi: ciò ha dato il via ad
almeno due fiorenti mercati paralleli che contemplano
usi diversi.
Il
primo è quello dei tabaccai di cui sopra o di negozi specializzati
nuovi di zecca dove si entra in un altro mondo. È il caso di dirlo,
ce ne sono davvero per tutti i palati, anche per i più raffinati:
abbiamo una vasta scelta di infiorescenze di cannabis profumate al
limone, arancia, mirtillo e persino alcune con sentori di formaggio.
Tutte rigorosamente non italiane, confezionate in scatoline da
pochissimi grammi e con prezzi da
far invidia al mercato nero. Il motivo è presto
spiegato: in Italia sono ammesse solo determinate varietà di canapa,
non è permesso “giocare” con gli ibridi e dare sfogo alla
creatività, quindi per ottenere ad esempio un’infiorescenza di
cannabis senza semi, con livelli molto alti di CBD (più avanti
vedremo di che si tratta), pochissimo THC e profumata al prosciutto o
alla carbonara che sia, è necessario importarla da altri Paesi
avanti anni luce sia a livello di leggi che di sperimentazioni. La
Svizzera e l’Olanda infatti hanno dovuto solo diminuire il THC dei
loro ibridi già esistenti e commercializzati da anni, portarli fino
ai limiti consentiti ora dalle nostre leggi (lo 0,6%) e inondare il
neonato mercato italiano assetato di novità. Sembra semplice ma
oltre i costi di importazione queste piante ibride geneticamente
controllate richiedono diverse accortezze e una meticolosa cura
quotidiana, per questo i prezzi sono così esorbitanti. Di solito
sono coltivate indoor in ambienti protetti, con livelli di umidità
strettamente prestabiliti e una serie di altri rigidi parametri che
non stiamo qui a sviscerare. Per tutto questo e per il personale
addetto c’è naturalmente un costo da sostenere, ma il mercato è
in un’ascesa tale da giustificarlo pienamente. Svizzera e Olanda
ringraziano sentitamente. A qualcuno sarà pur venuto in mente che se
incroci genetici e ricerche fossero effettuati direttamente in Italia
i prezzi forse sarebbero un po’ più bassi e si creerebbe una nuova
nicchia di posti di lavoro per un mercato che ormai sembra
inarrestabile. Non si può. Perché? Non si sa.
Il nostro Paese era
tra i primi produttori mondiali di canapa, anche per il nostro
invidiatissimo clima che favorisce la crescita di questa pianta
demonizzata peggio di un assassino seriale. Anni fa Beppe Grillo, al
netto della sua appartenenza politica, fece uno spettacolo
considerato tra i più completi ed esaustivi documentari sulla canapa
dove mise in evidenza tutto quello che poteva dare questa
straordinaria pianta ad un costo praticamente nullo dato che è quasi
un’infestante e cresce facilmente un po’ ovunque. Disse anche che
era stata messa fuorilegge per uno dei suoi usi più stupidi, ovvero
fumarla. O almeno quella era la scusa. Anche il nostro diavoletto
italiano Roberto Benigni la inserì ironicamente in uno dei suoi show
dicendo che in realtà Dio non fece piovere la manna dal cielo ma la
“canna”. Insomma, c’è chi la ama, chi la odia e soprattutto
chi la teme; tra poco capiremo perché.
Questa
legalizzazione della cannabis a basso contenuto di THC in realtà si
muove e galleggia in un vuoto normativo che in teoria non ne prevede
un uso ricreativo. In sostanza, bisognerebbe acquistarla nei negozi
specializzati, non aprire la confezione finché non si è in casa
perché se ti fermano durante il viaggio con la scatolina violata
potrebbero esserci problemi a dimostrare che non ci si è “ricreati”
con essa e una volta in salotto appoggiarla sulla mensola del camino
e utilizzarla come oggetto da arredamento da osservare o al massimo
usarla per profumare gli ambienti. Naturalmente tutti gli acquirenti
non vedono l’ora di spendere circa 15 euro al grammo per rimirarla
su un comò. Quindi tecnicamente fumarla resta ancora un illecito.
La
legge in realtà voleva riaprire le porte alle coltivazioni di canapa
industriale e ha finito per aprire uno spiraglio alla canapa legale.
Al momento il Consiglio superiore di sanità (Css) ha espresso a
giugno il suo verdetto decisamente negativo chiedendo che ne venga
bloccata tempestivamente la vendita perché secondo loro anche a
basse concentrazioni il THC potrebbe accumularsi in alcuni tessuti
come cervello e grasso e fare ipotetici danni che però ancora non
sanno individuare. Una posizione durissima cui però il ministro
della Salute Giulia Grillo ha risposto con un educato “grazie per
il consiglio, vi faremo sapere” promuovendo altre indagini e
ricerche prima di prendere qualsiasi decisione. Navighiamo ancora
nella nebbia in attesa di capire che direzione prenderà tutto
questo.
E
così abbiamo abbondantemente descritto il primo fiorente mercato dei
due cui abbiamo accennato all’inizio.
Ora
esploriamo la seconda e interessantissima possibilità che contempla
un utilizzo infinitamente più ampio e pericoloso del primo: la vera
canapa industriale, quella “natural” che è in grado di radere al
suolo giri consolidati di miliardi di euro.
Il
ritorno della canapa industriale potrebbe portare all’avvento di
una mini rivoluzione, se non trovano il modo di bloccarla prima.
Inutile tornare su argomenti che ormai conosciamo tutti ma una
panoramica veloce è d’obbligo per illustrare la potenziale portata
del fenomeno. Dalla canapa si ricava una carta di qualità
eccellente, utilizzata già più di 2000 anni fa; naturalmente già
bianca, senza l’uso di additivi sbiancanti e senza tagliare un
albero. Un ettaro di canapa per la carta rende mediamente circa 3 o 4
volte più di un ettaro di foresta. Questa pianta si sta rivelando
una manna (è il caso di dirlo) anche per la bioedilizia: insieme
alla calce regala un prodotto che isola efficacemente le case,
leggero e resistente al fuoco e che protegge dagli sbalzi termici e
dall’umidità. Esiste poi un compensato di canapa e delle case
intere realizzate con questa pianta più unica che rara; qui ci
sarebbero trattati interi da scrivere solo su questa voce, ma ci
limiteremo a constatare che dagli scarti della canapa hanno tirato
fuori un materiale con le stesse caratteristiche della plastica.
Senza l’aspetto inquinante, naturalmente. Anche le carrozzerie
delle macchine potrebbero essere realizzate interamente in canapa. Ma
fermiamoci un momento, la lista è ancora lunga.
Per
aiutarci a mettere ancora meglio a fuoco la situazione abbiamo
sentito un diretto interessato: Matteo Venturini ha 40 anni, è un
coltivatore di canapa e presidente dell’associazione “Canapa
delle Marche”, il cui scopo è quello di fornire consulenze e
servizi agli agricoltori che intendono inserirsi nella coltivazione
della canapa a livello locale, abbattere i costi del seme certificato
che occorre per legge e organizzare eventi informativi. Una sorta di
tutor per chi intende avventurarsi in questo mondo.
Matteo
coltiva canapa e ne vende le infiorescenze in sacchetti, non in
scatoline da 2 grammi; infatti parliamo di un prodotto molto diverso
da quello olandese o svizzero. Queste sono le varietà permesse in
Italia di canapa industriale, naturalmente quasi prive di THC ma con
un apprezzabile contenuto di CBD, ovvero il cannabidiolo sostanza
meno famosa della prima cui abbiamo accennato all’inizio e di cui
sono più che ricche le varietà svizzere e olandesi. E in natura
deve essere proprio così perché in realtà queste sostanze sono
antagoniste, ovvero dove abbonda una scarseggia l’altra. Il CBD
infatti contrasterebbe lo “sballo” indotto dal THC, per questo la
canapa oggi legale ha un effetto rilassante e non euforizzante;
entrambi i principi attivi hanno proprietà sbalorditive anche se a
specchio. Il CBD è antinfiammatorio e diversi studi clinici ne hanno
dimostrato l’efficacia nel contrastare le convulsioni, per cui si è
reso estremamente utile nei trattamenti per l’epilessia. Un’altra
importante azione è quella neuroprotettiva nei confronti di malattie
degenerative come l’Alzheimer o anche la capacità di attenuare la
rigidità muscolare derivante da patologie come la sclerosi multipla.
Se il THC in dosi elevate potrebbe causare ansia, il CBD contrasta
con le sue proprietà ansiolitiche, antidepressive e antipsicotiche.
Questo cannabidiolo, che ha aperto le porte alla canapa legale, è
tuttora al centro di infinite ricerche e sperimentazioni date le
mille possibilità di applicazioni. Dal canto suo, il cugino
“cattivo” o THC si è rivelato altrettanto utile e potente. Se il
CBD è un buon antinfiammatorio il THC è un ottimo antidolorifico,
se il primo si presta a un’assunzione regolare il secondo è
tendenzialmente più per un uso episodico. E cosa assolutamente non
trascurabile, i cannabinoidi si stanno rivelando non solo utili a
contrastare gli effetti collaterali indotti dalla chemioterapia ma
secondo alcune ricerche indurrebbero le cellule tumorali
all’apoptosi, ovvero all’autodistruzione. Questo aprirebbe le
porte a un altro mondo. Aumenta l’interesse, le ricerche si
moltiplicano e i risultati spingono a chiedersi sempre di più come
sia stato possibile che una ricchezza del genere venisse messa al
bando.
La
tisana di canapa industriale è una rilassante e gustosa tisana che
facilita la digestione, allevia i dolori e le infiammazioni anche
cronici se assunta con regolarità e migliora il tono dell’umore.
Questo naturalmente è un riassunto dei riassunti e come abbiamo
detto molte proprietà sono ancora oggetto di ricerche e potrebbero
venirne fuori delle altre.
“Purtroppo
la canapa è ancora un prodotto borderline - ci dice Matteo - “ma
le sue applicazioni sono infinite e spero che la situazione si
definisca chiaramente una volta per tutte. Siamo in tanti a
crederci”.
La
sua passione lo ha spinto anche a sperimentazioni diverse, come ad
esempio quelle culinarie. Sul suo sito troviamo un’intera sezione
di ricette realizzate con questa pianta, tra cui il “latte di
canapa”, un concentrato di proteine, aminoacidi essenziali e
tantissime vitamine come A-D-C-E e diverse del gruppo B, ottime per
il sistema nervoso. Basterà prendere 200 gr di semi di canapa,
frullarli con 100 ml d’acqua fino a che non risulteranno
perfettamente tritati e aggiungere altri 100 ml d’acqua mescolando
bene. La quantità di liquidi dipenderà dal grado di densità che
vorrete ottenere. A questo punto filtrate il tutto con un colino a
maglie stette e conservate in una bottiglia di vetro ben chiusa e in
frigorifero per un paio di giorni. Con questa base potrete anche
ottenere pancake di canapa, crema pasticcera di canapa e qualunque
preparazione a base di latte. Con i fiori di questa tisana si possono
aromatizzare torte o biscotti o se vi piace davvero il suo sapore
potete farla bollire qualche minuto nel latte “normale” che
grazie ai suoi grassi estrarrà tutti i principi attivi e vi regalerà
una bevanda rilassante dal gusto ricco e intenso. Forse dovrete
dolcificarla leggermente con della polvere di stevia o del miele, a
gusto personale.
Come
avrete intuito dai nutrienti contenuti nel latte di canapa, i suoi
semi sono ormai considerati all’unanimità un superfood, talmente
pieni di nutrienti da sfamare e nutrire adeguatamente milioni di
persone. Ma non riusciamo a trattare ogni singola voce in questa sede
per ovvie ragioni di spazio. Ci limiteremo a dire che tra le
applicazioni più importanti e pericolose di questa pianta c’è la
produzione di un biodiesel derivato da una seconda e una terza
spremitura dei semi: la prima, fatta a freddo, si usa per produrre un
olio destinato ad uso alimentare e che racchiude tutte le proprietà
di cui sopra. Le estrazioni successive effettuate a caldo distruggono
i nutrienti ancora presenti ma regalano un combustibile eccezionale;
del resto, a chi interessa che un combustibile per auto mantenga
inalterate le vitamine?
In
tutto questo spazio sono riuscita solo a fare una panoramica
generale, ma spero che ora sia davvero chiara la pericolosità di
questa pianta.
Un
Paese pieno di colture di canapa utilizzate a pieno regime e in tutte
le sue applicazioni manderebbe fallite le imprese di mezzo mondo, con
incredibili vantaggi per la salute, per l’ambiente e per le tasche
della massa dei consumatori.
E
questo naturalmente non è accettabile.
Un
ambiente ecologicamente sano è gratis mentre l’inquinamento mette
in moto una gran quantità di denaro.
Quale
mai potrà essere la scelta più saggia?
Non
stupiamoci se si continuerà a contrastare in ogni modo il ritorno di
questa pianta. Le scuse potrebbero essere tante.
La
versione ricca di THC resta proibita perché provoca euforia e
sballo?
Mettete
fuori legge gli alcolici e anche la colla, a questo punto.
La
combustione è dannosa per chi la fuma?
Ritirate
dal mercato anche le sigarette se davvero siete così preoccupati per
la nostra salute.
L’abuso
può provocare danni?
In
caso di abuso ognuno si prende i propri rischi soggettivi: qualunque
cosa se portata agli estremi non produce quasi mai effetti positivi.
La lattuga è una verdura e quindi per definizione “fa bene” ma
forse non tutti sanno che non è proprio il massimo della
digeribilità e che se la si consuma in eccesso può causare dei
fastidiosi mal di pancia. Il latte è ricco di tanti elementi “buoni”
ma se si esagera una bella diarrea non ce la leva nessuno. Anche un
abuso di lasagne può avere delle conseguenze, insomma il concetto è
chiaro.
Ma
forse non per tutti, soprattutto per chi rischia di perdere i propri
guadagni. E fa letteralmente “orecchie da mercante”.