martedì 1 dicembre 2015

Zucca mon amour

Anni fa una zia intrufolò nel nostro frigo un vasetto di vetro pieno di una roba gelatinosa arancione fosforescente. La definì una "marmellata" di zucca. Nessuno ha mai avuto il coraggio di assaggiarla, anche se ci siamo riproposti più volte di farlo. Così è diventata un fantasma del frigorifero, cioè una di quelle cose che restano lì per mesi senza essere né mangiate né buttate. “Domani la mangiamo con il pane bruscato”, assicurava mia madre. Poi, invariabilmente, c'era sempre qualcos'altro e si rimandava. Ogni volta che aprivamo il frigorifero il vasetto era lì, in primissimo piano, una specie di monito, un rimprovero colorato e silenzioso. Tanto che quando in famiglia si accennava a un possibile spreco di qualcosa si diceva “non facciamogli fare la fine della marmellata di zucca”. Ci sono quasi diventata adulta con quel vasetto arancione in frigo :)

Il primo anno che ho cominciato ad apprezzarla ero talmente terrorizzata al pensiero di rimanere senza, tanto da andare al mercato, acquistarne due giganti a settimana e congelarle come se non ci fosse un domani. In realtà il clou della zucca è da ottobre a dicembre, ma fortunatamente può imperversare sulle nostre tavole almeno fino a marzo. O fino a che si è stanchi di mangiarla :)

In genere è la famiglia che costringe i figli ad assaggiare e a nutrirsi anche di vegetali e frutti poco invitanti. Nel mio caso, ho dovuto obbligare la mia famiglia quantomeno ad assaggiarla. La nonna era più che diffidente perché “la zucca si dava da mangiare ai maiali”.
Si è ricreduta non appena le abbiamo messo nel piatto una bella fetta di zucca infarinata e fritta con un pizzico di sale. In effetti qualunque cosa tuffata in olio bollente si trasforma, anche una scarpa se la friggi potrebbe quasi diventare commestibile.
Ma il fritto si può mangiare ogni tanto, non può diventare il modo quotidiano di consumare i cibi meno graditi al palato. Purtroppo il benessere del nostro fegato spesso è inversamente proporzionale  alla squisitezza dei cibi. O forse dovrei dire all'eccesso di elaborazione dei cibi.
Siamo talmente abituati ad “arricchire” che abbiamo dimenticato di gustarci il sapore reale delle cose. La zucca mi ha insegnato a farlo di nuovo.


Le mie primissime zuppe di zucca erano gialle di patate e bianche di parmigiano, che mettevo in abbondanza per coprire quel sapore dolciastro e un po' inutile che mi sembrava avesse la zucca. Cominciare a mangiarla si, ma senza esagerare. In fondo era una delle cose che detestavo di più in assoluto.
Non è bellissimo cambiare idea??
Adesso è già troppo se nella mia soup di zucca ci va a finire una patata intera, e solo per legare il tutto: infatti le zuppe che preparo sono tutte di un arancione brillante perché una volta apprezzata al naturale non la molli più. O almeno questo è ciò che è successo a me.
Chi scrive è passata da zero assoluto a una zucca di svariati kg a settimana.
Intestino e stomaco ringraziano sentitamente.

La zucca più celebre conosciuta in letteratura è quella della Cenerentola di Charles Perrault, una fiaba che è anche allegoria di una rinascita o di un passaggio dagli inferi al cielo, dalla luna nera alla luna piena.
Cosa che riflette in pieno il simbolismo della zucca, considerata da sempre e da tutti legata alla resurrezione dei morti, tanto che nelle antiche tombe del Wurttenberg, in Germania, si sono trovate noci, nocciole e zucche, considerate eccellenti viatici per rinascere, salire in cielo.

Non a caso, si utilizzano zucche eviscerate e intagliate per dare vita alle mostruose teste illuminate di Halloween, per una notte di paura, urla e terrificanti zuccheri raffinati travestiti da teschi.
La parola viene dalla contrazione della frase “All Hallows Eve”, cioè la notte di Ogni Santi, ricorrenza cristiana la cui data coincide con una ben più antica tradizione dell'Irlanda dei Celti, in cui non sono i santi ad essere celebrati ma i morti che ritornano.
Chi avrà ragione?
Non ci interessa.
Halloween ormai ce lo siamo lasciato alle spalle ma la zucca per fortuna no :)


In Europa la zucca tonda ha evocato la testa umana e ancora oggi resistono i vari detti come “zucca pelata”, “ha battuto la zucca” o il meno edificante “avere la zucca vuota”. Di una persona un po' dura di comprendonio si dice che "è uno zuccone". Di zucconi ne abbiamo in abbondanza qui in Italia, alcuni parlano, altri scrivono ma purtroppo i più fanno politica :)

L'altro detto famoso invece, “avere sale in zucca” pare derivi da un'antica usanza di conservare il sale in una zucca svuotata ed essiccata, tipica delle famiglie contadine più povere.
Tendenzialmente, quando assaggiamo un cibo, ad esempio una marmellata, e diciamo che “sa di zucca”, non stiamo facendo un complimento al cuoco ma gli stiamo dicendo che è insipida, che un bicchiere d'acqua ha più sapore. Le connotazioni e i riferimenti quindi non sono troppo lusinghieri.
Come ciliegina sulla torta mi sembra doveroso riportare che, oltretutto, la zucca è ricca di acido citrullico, che nonostante le apparenze non fa diventare meno intelligenti ;) in realtà la parola viene dall'italianizzazione del termine francese citrouille, che significa appunto zucca.
Citrullo è una variante dialettale della parola cetriolo, inteso come sciocco, babbeo.
E comunque cetrioli e zucche fanno parte della stessa famiglia botanica, le Cucurbitacee, tra cui troviamo anche il cocomero e il melone. Ce ne sono per tutte le stagioni.

La fama di insipidità della zucca nasce probabilmente dalla sua povertà di grassi e zuccheri, che apparentemente la rendono poco appetibile (cosa assolutamente non vera) ma estremamente adatta alle diete e ai diabetici. Pensate che 100 grammi di zucca si portano dietro un fardello di sole 17 calorie. Provate a pensare a 100 grammi di porchetta o di cioccolato al latte, che probabilmente 17 calorie le conterranno al microgrammo!!
Di contro, è estremamente ricca di elementi niente male per la stagione in corso. E' una buona fonte di acido salicilico, contenuto anche nell'aspirina e dagli indiscussi effetti su una vasta gamma di disturbi, soprattutto quelli legati a influenze e raffreddori.
Dosi elevate di betacarotene e vitamina C (ne possiede quasi quanto l'arancia) ne fanno un valido alleato per la pelle e i malanni di stagione...anche se la vitamina C è termolabile e per essere assimilata andrebbe mangiata cruda. Per chi la gradisce, un ottimo carpaccio di zucca a fettine sottilissime e condita con olio e sale sarebbe l'ideale per non perdersi nulla.
Il betacarotene è il precursore della vitamina A che pare risulti migliore della stessa per l'organismo: se nel corpo circolano quantità elevate di betacarotene il nostro sistema è in grado di utilizzare quello che serve e liberarsi senza problemi dell'eccesso. Se invece circola già in forma di vitamina A, l'organismo non potrà espellere il surplus che andrà ad accumularsi nel fegato e in altri organi dove farà i suoi bravi danni perché come ormai sappiamo, l'eccesso di retinolo (altro nome della preziosa vitamina A) è estremamente tossico.
Gli alimenti proteici, pesce, carne e latticini, contengo soprattutto retinolo mentre i vegetali ci regalano il betacarotene, responsabile anche della vistosa colorazione giallo/arancio e meno pericoloso ad alte concentrazioni, come abbiamo visto. La natura è sempre dalla parte dell'uomo e difende la sua esistenza. Ogni tanto sarebbe carino che l'uomo ricambiasse :)


La zucca è soprattutto un ottimo rimedio multiuso per l'apparato gastrointestinale. Provatela se soffrite di stipsi o più genericamente se “state male di stomaco”. Le sue azioni sul processo digestivo sono diverse: l'alto contenuto di fibre e acqua assicura la pulizia delle pareti intestinali, mentre la presenza di mucillagini garantisce una mucosa sana e contemporaneamente agisce sulle feci rendendole “soffici” e facilitandone l'espulsione. Ricordiamo che i nutrienti dell'organismo vengono assimilati dalle pareti dell'intestino tenue; la mucosa protegge queste pareti e le mantiene in grado di svolgere il loro fondamentale lavoro al meglio, in una parola di trarre il massimo da ciò che mangiamo. Non è poco. 
A questo si aggiungono proprietà sazianti e diuretiche, sempre utili in caso di controllo del peso.
Contiene inoltre vitamine del gruppo B e sali di potassio, fosforo, ferro e zinco.

La polpa di zucca cotta, schiacciata e applicata sulla pelle è in grado di lenire infiammazioni e scottature. E' anche un'ottima maschera per il viso, nutriente e rivitalizzante.

Per i suoi semi (che tostati diventano i famosi bruscolini) andrebbe aperto un capitolo a parte ma la loro azione più importante è quella di potente vermifugo: è un rimedio acclarato contro la tenia e altri ascaridi con il non trascurabile vantaggio di essere completamente privo di tossicità, cosa che non si può certo dire degli altri vermifughi in circolazione, tanto che lo si somministra anche a bambini molto piccoli.

In cucina la potete utilizzare dall'antipasto al dolce, c'è solo da scegliere. O metodicamente si può  provarle tutte :)
La zuppa è una delle più semplici e gettonate. Io la preparo con un paio di cipolle, zucca a tocchi, brodo vegetale e una generosa aggiunta di salvia, che ci sta ancora meglio del rosmarino. O se vi piacciono le aromatiche potete osare dei mix a gusto personale.
Anche il ripieno di una torta salata con zucca e provola non vi farà sfigurare per una cena o un brunch. Per non parlare della torta di zucca e amaretti...si potrebbe anche non finire mai!
Ma quella che preferisco è una delle ricette più “citrulle”, se mi passate il termine, nonché una delle più buone in assoluto: tagliata a cubetti e cotta in padella con aglio, olio, sale e abbondante peperoncino. Mi raccomando fategli fare la crosticina. E' deliziosa.
Non dimenticatela al forno con le patate... o nell'impasto degli gnocchi, magari gratinati al forno con fiocchi di fontina...oppure...in un altro miliardo di modi!

Sembrava un alimento umile e insipido ma ci ha riservato delle sorprese. Proprio come ha fatto con Cenerentola ;)

Un saluto e buona settimana a tutti!

 
Photo credit: Muffet / Foter.com / CC BY 
Photo credit: AcrylicArtist / Foter.com / CC BY

domenica 22 novembre 2015

Melavigliosa

C'è ancora qualcosa da dire sul frutto più famoso e antico del mondo?
Saltiamo a piè pari tutta la storia di Eva e del paradiso perché quella, religiosi e non, la conosciamo tutti. E' interessante giusto perchè rafforza la fama del melo, tra l'altro già preesistente, di Albero della Conoscenza provvisto di frutti pieni di informazioni su chi siamo e dove andiamo e di conseguenza assolutamente proibito per i cattolici perché queste cose può saperle solo Dio.
Di fatto oggi milioni di cattolici divorano tonnellate di mele come se niente fosse.
E fanno bene ;)


Scherzi a parte, la mela per noi italiani è onnipresente come la pastasciutta. Nonna dopo i pasti mi obbligava sempre a mangiarne qualche spicchio sostenendo genericamente che "faceva bene". In realtà pare sia il momento peggiore per mangiare quasi tutta la frutta che tendenzialmente andrebbe consumata proprio lontano dai pasti, ma non è questo il punto.

La mela è il frutto nazionale di casa. Tutti abbiamo un cesto delle mele per prima o dopo i pasti e per ogni evenienza dolce, salata e medicinale. E anche questo accostamento lo abbiamo già sentito, qualcosa che ha a che fare con le mele e i medici che si levano di torno :)

In effetti non sono poche le malattie che si spaventerebbero dal prezioso carico che si porta dietro una semplice mela al giorno.
Si tratta di un pieno gratuito (o quasi) di vitamine e minerali preziosi, un po' come aver vinto un buono di carburante dal benzinaio.
Le vitamine che contine sono la A (retinolo, essenziale per la pelle), la B1, B2 e B3 (rispettivamente tiamina e riboflavina e niacina, la cui carenza può portare serie conseguenze) la C (che non ha bisogno di presentazioni e che purtroppo il nostro corpo non sintetizza da solo) la vitamina E (importante antiossidante).
I minerali non sono da meno; calcio, magnesio, fosforo, potassio in quantità ragguardevoli e una serie di minerali traccia tra cui il rame, il manganese e altri. La combinazione e la concentrazione specifica di questi elementi sono all'origine delle proprietà terapeutiche di questo prezioso pomo.


L'azione principale della mela sembra focalizzata sull'apparato digerente in generale, perché in primo luogo è ricca di vitamina A che favorisce la secrezione di muco intestinale contenente una sostanza dannosa per i batteri "cattivi: da qui la sua fama di disinfettante intestinale e la sua incredibile utilità nelle diarree infantili e adulte. Basterà infatti somministrare mela cruda grattuggiata fino al ripristino dell'equilibrio. In tempi neanche troppo lontani veniva prescritta anche contro il paratifo e la colibacillosi, quindi la sua azione disinfettante non è da considerarsi blanda. 
La carenza di vitamina A, tra l'altro, porta anche a ulcerazioni del tubo digerente perchè venendo meno lo strato protettivo di muco, le pareti sono più facilmente attaccabili dagli acidi digestivi. E la mela apporta un deciso sollievo con la sua azione rinfrescante e con i suoi minerali pronti a rendere basico l'ambiente. Completa il quadro, anche una discreta azione positiva sul transito intestinale e un senso di sazietà che in generale puo essere utile agli eccessivamente affamati :)

Grazie al tannino e ai sali potassici la mela risulta utilissima per contrastare la formazione dell'acido urico, e stimola moderatamente la diuresi; ottima quindi anche per la gotta, artrite e reumatismi.
E' il frutto perfetto per gli anziani, caldamente consigliato anche dai geriatri che conoscono benissimo l'azione di rinnovamento e stimolazione epiteliale innescata dalla mela. Infatti ha anche la meritata fama di frutto della giovinezza.

Ovviamente non è finita.
Per la medicina cinese il colore bianco è legato al benessere di intestino crasso e polmoni. Ci sono terapeuti che prescrivono di mangiare, solo per un periodo di tempo limitato ovviamente, esclusivamente cibi del colore legato all'organo malato. Per chi soffre di colite, via libera a riso, rape bianche, mele... ma anche chi soffre di catarri e affezioni polmonari in generale, stessi cibi. Per i cinesi questi due organi sono legati a doppio filo e la mela anche in questo caso non tradisce le aspettative.
E' fantastica anche per i polmoni.
Tonifica i bronchi ed esercita un'azione decongestionante sulle vie respiratorie.
Si utilizzava uno sciroppo di mele che era sia lassativo che pettorale: mele renette (dal francese reinette, che significa reginetta) lasciate a macerare, poi se ne estrae il succo e si aggiunge un peso equivalente di zucchero. Cuocere lentamente fino alla consistenza di sciroppo. Due cucchiai al giorno dieci minuti prima dei pasti.


E' indicata anche per astenia e superlavoro intellettuale, probabilmente per l'alto contenuto di vitamine del gruppo B. Meglio avere delle mele biologiche perchè la vitamina C che contiene è quasi tutta concentrata nella buccia e sarebbe un peccato rinunciare alla sostanza più potente contro le infezioni solo perchè dovremmo addentare insieme anche un cumulo di pesticidi.

Le mele sono anche ricche di diversi acidi con diverse funzioni. Come nel caso del limone questi acidi sono sempre pronti a convertirsi in materiali alcalini atti proprio a contrastare l'eccesso di acidità e a nutrire e ossigenare il sangue. I meravigliosi paradossi della natura.
L'acido malico, di cui è ricca, pare riesca addirittura ad ammorbidire i calcoli e a facilitarne il passaggio attraverso i dotti biliari e l'acido ossalico invece si occupa di pulire la bocca e sbiancare moderatamente i denti.

La medicina popolare utilizza da sempre la mela anche come agente esterno nelle preparazioni per frizionare la pelle o per medicare le piaghe. Basti solo dire che il nome pomata deriva da pomo, cioè    mela. Non parliamo di semplice acne o piccole infezioni ma di cose meno simpatiche come tigna e scabbia. Si apriva a metà una mela, si svuotava le cavità dei semi togliendo anche parte della polpa e le si riempiva con dei fiori di zolfo. Si ricomponevano poi insieme le due metà tenendole unite con uno spago e si metteva in forno caldo fino a cottura completa. A quel punto si poteva ridurre il tutto in poltiglia con una forchetta e farne delle frizioni sulle parti interessate. Pare desse davvero ottimi risultati.
Una breve nota cosmetica è che il succo di mela, applicato esternamente, contrasta il cedimento dei tessuti e promuove il rinnovamento delle cellule. Meglio di qualsiasi crema tonificante e antietà.

Una curiosità: i semi della mela contengono minuscole quantità di cianuro... bisognerebbe mangiarne molti per rischiare qualcosa, ma appunto, perché rischiare? Meglio evitare e non includerli nei frullati, nelle torte e compagnia bella.
E a proposito... non mi metterò a consigliare dolci o le classiche mele cotte (magari al forno a legna con una spolverata di cannella e un paio di chiodi di garofano in un tegame di coccio...) perché tanto le conosciamo tutti! Ho però recentemente preparato un ottimo punch alla mela e tè nero che non era niente male e che scalda le corte e gelide giornate che ci attendono ancora. Prima di accendere il fuoco sotto il bricco dell'acqua per il tè si prende qualche spicchio di mela e si taglia a fettine sottili, quindi si aggiunge all'acqua a freddo insieme a qualche scaglia di cannella e qualche fettina di zenzero. Al bollore si spegne e si lascia il tutto in infusione con il tè. Dolcificare con miele e aggiungere una spruzzata di rum, se piace. Ottimo decongestionante, riscaldante e digestivo.

Se si è proprietari di un albero di mele è bene "sfruttarlo", nel senso reale del termine ;)

E a proposito. Un'ultima cosa.
E' vero che quasi tutta la frutta andrebbe consumata lontano dai pasti.
Quasi tutta.
Tranne quella ricca di pectina. La nonna che la mangiava dopo pranzo non poteva certo sapere che la mela contiene percentuali eccezionali di questa fibra solubile che pare aiuti a ripulire l'organismo dal colesterolo cattivo e che quindi una mela dopo mangiato è più che indicata per favorire la digestione, specialmente dopo pasti particolarmente grassi e unti. Lei, senza analisi chimiche o testi scientifici seguiva semplicemente il sapere antico tramandato da genitori, nonni e bisnonni. Che dopo pranzo sbucciavano semplicemente una mela. Per cui con il suo generico "fa bene" aveva ragione da vendere. E non sarò mai abbastanza grata per il tempo concessomi con lei.

Un saluto a tutti


Photo credit: WxMom / Foter.com / CC BY-SA 
Photo credit: Kirinohana / Foter.com / CC BY

lunedì 14 settembre 2015

Il gioco dell'uva, parte I

Ognuno a casa sua, si diceva una volta. Era questo il gioco. Forse era stato inventato dai genitori per annunciare in modo simpatico che i giochi erano finiti e che gli amichetti ospiti sarebbero dovuti tornare all'ovile :)
Oggi invece è l'uva che gioca ad avere un ruolo importante per ogni singolo componente di cui è fatta ed è oggetto di un numero impressionante di studi e controstudi volti a confermare, smentire o reiterare questa o quella proprietà. In antichità era solo il succo d'uva che con un'alchimia sfruttata abbondantemente ancora oggi, diventava mosto e infine vino. Poi furono scoperte le proprietà della buccia e il conseguente e dibattutissimo resveratrolo.
D'altra parte siamo in settembre inoltrato e in tutte le campagne pare sia in atto una vendemmia da record: si parla di qualcosa come 47 milioni di ettolitri di vino. Uno dei pochi benefici di un'estate sahariana come quella che è appena finita... o almeno si spera che sia finita davvero :)
Insomma, l'Italia sta letteralmente affogando nel vino e se la stagione bollente può sembrare anche un precursore della bontà dell'uva, ancora non ci si sbilancia sulla qualità del futuro vino targato 2015. Il terreno, il microclima e tanti altri fattori ne fanno un'esperienza diversa per ogni zona vinifica.
Ad esempio i vitigni del famoso Lacryma Christi che producono un'uva dalle mille sfumature di sapore unica in Italia e nel mondo, crescono esclusivamente alle pendici di una delle bombe a orologeria più pericolose al mondo: il Vesuvio.
I terreni vulcanici sono una manna dal cielo per la vite essendo ricchissimi dei minerali più vari. La medicina popolare di una volta distingue addirittura tra terreni alle pendici di vulcani esplosivi (come il Vesuvio) che espellono lava più acida, ricca in silice, e terreni posizionati alla base di vulcani più "tranquilli", chiamati effusivi (come il Kilauea nelle Hawaii) che eruttano materiale basaltico e fluido senza interferenze acide. Pare che l'uva cresciuta sotto i vulcani come il Vesuvio sia più astringente rispetto a quella cresciuta all'ombra di vulcani come il Kilauea che risulta essere invece più diuretica e tonica.
Ma procediamo con ordine.


La pianta della vite comprende un'infinità di specie diffuse nelle zone a clima temperato o subtropicale. L'Italia ne è una produttrice perfetta. Le foglie sono diuretiche e astringenti, da sempre utilizzate contro le emorragie, le diarree e la gotta. Inoltre un cataplasma (impacco) di foglie tritate si dice faccia sparire il mal di testa.
In primavera se incidiamo il fusto della pianta sgorgherà una linfa utilizzata dalla medicina popolare per le malattie cutanee e oftalmiche; ancora oggi l'estratto viene impiegato nella preparazione di un collirio.
Addirittura pare che le ceneri dei rami, passate al setaccio e bollite nel vino bianco, venissero impiegate per guarire l'erisipela, un'infezione acuta della pelle causata dallo streptococco che portava febbre altissima e molto spesso causava la morte. Questo vino alla fine conteneva i sali minerali assorbiti dalla pianta, tra cui sali di potassio, di sodio e di calcio. Vi si immergevano delle pezzuole di tela e si detergevano le parti colpite dalla malattia. Quanlche medico lo prescriveva anche a bicchierini (dolcificato con miele) per edemi, herpes e anche per la renella, la sabbiolina dei reni parente dei calcoli ma molto più piccola e gestibile.

Una varietà ha avuto più fortuna delle altre ed è salita alla ribalta per una concentrazione maggiore di principi attivi: la vite rossa.
E' utilizzata nelle turbe della circolazione venosa in generale, cioè quella che fa tornare il sangue dalle periferie al cuore e che trasporta sia nutrienti che scarti (metaboliti e cataboliti).
Le indicazioni principali sono per gambe affaticate, gonfie, sensazione di pesantezza ed emorroidi.
Tuttavia durante l'assunzione ci sono stati casi di disturbi digestivi, nausea e vertigini o ancora una forma di orticaria. Vedremo perché.

I frutti della vite invece non hanno bisogno di presentazione.
Lo scrittore e umanista francese François Rabelais definì l'uva "una carne celeste, buona da mangiare con la focaccia fresca".
Non solo è un ottimo dessert ma anche un alimento ricco e un rimedio rinfrescante, diuretico e lassativo. Molto energica grazie agli zuccheri, facilmente digeribile grazie agli acidi e ricca di vitamine e sali minerali, l'uva è uno dei frutti più raccomandati da tutti gli specialisti della salute, tradizionali e non.


Cominciamo dall'uva acerba, quella di luglio per intenderci, che contiene un succo acido e astringente utilizzato già dai tempi di Plinio come medicamento e anche in cucina. Non buona da piluccare come dessert, ma ricca di clorofilla, tannino, glucosio, acido tartarico e sali di calcio. Lo impiegavano per le febbri biliari, nelle infiammazioni intestinali con diarrea e anche per impacchi sulle contusioni e sulle piaghe.
Questo succo verde acre, chiamato Agresto, era usato molto nell'antica Roma ma anche in seguito, nel Medioevo. Pare che una volta privileggiassero i sapori acidi a tavola :)
Il succo acerbo dell'uva veniva spremuto e lasciato fermentare al sole per qualche giorno, oppure bollito fino a ridurlo ad 1/3 del suo volume iniziale. Aveva una consistenza densa e lo si usava per insaporire le pietanze o nel brodo. Ancora oggi rientra nella composizione di alcune senapi. Diluito in acqua è un'ottima bevanda rinfrescante.
Le filandaie di una volta solevano stropicciarsi le mani con queste uve acerbe per alleviare il dolore delle ragadi prodotte dall'acqua bollente.

La cura dell'uva matura è da sempre utilizzata per la costipazione, l'artrite, i reumatismi, malattie della pelle, dell'apparato urinario e del fegato. Inoltre ha ottenuto successi con l'ipertensione, l'arteriosclerosi e anche in casi di autointossicazione.
L'uva contiene anche molti acidi organici e minerali e molta acqua. Gli acidi organici formano nello stomaco i famosi carbonati alcalini con dei benefici incredibili che abbiamo già abbondantemente trattato in "Essere basici come un limone II".

Se ne ricava una bevanda gradita anche quando lo stomaco non sopporta e non digerisce nulla.
Si schiacciano gli acini di un grappolo di uva al passaverdura, si diluisce il succo ottenuto con il 50% di acqua e si beve a piccoli sorsi in più volte, per far assorbire in fretta i suoi elementi nutritivi senza dilatare lo stomaco. Si può anche piluccare qualche acino in attesa che lo stomaco sia in grado di ingerire altro e rifornire così l'organismo di acqua e zuccheri facilmente assimilabili e preziosi in quel momento. Rinfresca e dà un senso di benessere.
In medicina popolare schiacciavano la polpa dell'uva ben matura e la mescolavano con un po' di olio, confezionando così un rudimentale unguento buono, si diceva, per i "foruncoli maligni" e per lenire il dolore da essi provocato.
Mangiata in buona quantità al mattino a digiuno e con tutta la buccia è in grado di vincere le costipazioni di ventre più ostinate. E' consigliata anche negli eccessi di lavoro mentale o muscolare, per la fatica che deriva da entrambi i casi, nell'anemia, nell'eccessiva magrezza e dopo una polmonite.


E a proposito di polmoni, uno degli usi più antichi e meno conosciuti è l'impiego della cura dell'uva negli stadi iniziali di tubercolosi polmonare. Pare che riesca in breve tempo ad "allontanare" la predisposizione alla malattia modificando il nostro "terreno". Il terreno in naturopatia è praticamente la nostra unicità: i nostri valori del sangue, i vari Ph del nostro corpo, la reattività di ognuno di noi, la nostra temperatura corporea, punti di forza, punti deboli e altro ancora.
In una parola, tutto ciò che contribuisce a creare un quadro unico di ognuno di noi, la nostra "carta di identità" biologica :)
Quindi, se il nostro terreno è debole di polmoni, l'uva riuscirebbe a modificare (temporaneamente e mangiandone un bel po') questa specifica condizione impedendo lo sviluppo di eventuali patologie ai primi stadi legate al nostro organo bersaglio. Infatti sembra sia molto utile anche nei catarri polmonari in generale, senza andare a scomodare la tubercolosi.
Sarà il solito caso che in medicina esoterica i cibi legati all'elemento polmone siano quelli bianchi. E qui si parla di uva bianca, ovviamente :)
Anzi è quasi l'unico caso in cui si preferisce quella bianca, perché come vedremo nel dettaglio, è l'uva nera a conquistare il podio della massima concentrazione di principi attivi.
Sorpresi? Non tanto, forse.
Ne "Le mele insane" avevamo gia parlato delle antocianine che sono dei composti in grado di reagire con gli agenti ossidanti come i radicali liberi tamponando così i danni che queste molecole arrecano a cellule e tessuti. Proteggono, oltre che dall'invecchiamento cellulare, anche i capillari fragili e combattono i processi infiammatori e le modificazioni cancerogene. La loro azione antiaggregante piastrinica aiuta la fluidificazione del sangue e limita di conseguenza la formazione di trombi e coaguli. E sono anche responsabili dell'intensa colorazione rossa o viola scuro dei vegetali che le contengono. Appartengono alla famiglia dei flavonoidi e la buccia dell'uva nera ne è piena molto più di altri frutti.
Un test è stato eseguito somministrando per una settimana a 3 gruppi di persone: 1 bicchiere di succo rispettivamente di uva nera, arancia e pompelmo. I gruppi che hanno bevuto gli ultimi due succhi non hanno avuto modificazioni significative, mentre il gruppo che ha assunto il succo di uva nera ha visto diminuire del 77% la capacità di coagulazione del sangue! E' tantissimo.
Per questo, come per l'aglio della volta scorsa, evitate di assumerne se state già facendo delle cure anticoagulanti oppure una settimana prima di sottoporvi a eventuali operazioni chirurgiche.
Attenzione, il succo d'uva è buono ma non è così innocuo se lo si beve a tonnellate, dato che è molto ricco di zuccheri che possono serenamente trasformarsi in trigliceridi nel sangue. In più, esagerare con uva e uvette potrebbe anche provocare una bella diarrea... una forma un po' estrema di depurazione del corpo :)


Per concludere questa panoramica generale sull'uva è obbligatorio citare l'uva passa che può essere ospitata praticamente in ogni portata di un menù, dall'antipasto al dolce. E' gradita tanto nei mix per la colazione, insieme a cereali, frutta fresca e yogurth quanto nelle famose sarde a beccafico siciliane. E non ci lascia a bocca asciutta neanche in campo medicinale: l'uva passa infatti è un emolliente per le vie respiratorie irritate e calma la tosse.
Non a caso, fa parte dei famosi "quattro frutti pettorali" insieme a datteri, giuggiole e fichi (in parti uguali, 50 gr. in tutto), bolliti in un litro di acqua per mezz'ora.

Avete notato che non ho accennato né al vino né a uno dei componenti più famosi e studiati dell'uva?
Questo famoso resveratrolo sarà davvero utile o è la solita montatura commerciale per stravendere integratori e nuovi farmaci a base di?
E ancora, ricordate la nausea, l'orticaria e le vertigini, ovvero gli eventuali effetti collaterali della vite?
La risposta a tutte queste domande è che non c'è più spazio!!

Inutile indorare la pillola :) ci sarà una parte II.
Dobbiamo ancora esplorare l'altra faccia della medaglia, ovvero la nota dolente dei flavonoidi.
Ci sono molti studi che non sono affatto d'accordo sul miracolo dell'uva ed è interessante conoscerli.
In una panoramica soddisfacente è giusto dare spazio a tutte le correnti di pensiero. Avere a disposizioni più informazioni di campane diverse permette di costruirsi un'opinione personale ben salda e basata su una libera scelta. I professori più saggi all'università consigliano di studiare bene, valutare attentamente e poi di dimenticarsi tutto. Per far uscire meglio la nostra unicità istruita :) e per sviluppare un sano intuito su solide basi.
Qualcuno diceva che senza radici non si vola :)


Un saluto e buona settimana a tutti!




Photo credit: Marufish / Foter / CC BY-SA 
Photo credit: jurvetson / Foter / CC BY 
Photo credit: Rody09 / Foter / CC BY-SA 
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domenica 6 settembre 2015

Aglio col bene che ti voglio

Continuiamo la saga infernale.
L'ultima volta abbiamo parlato delle "lacrime di Satana", oggi invece esploriamo "l'odore del Diavolo".
Non è uno scherzo.


Molti cultori dello yoga e i Brahmani (i membri della casta sacerdotale indiana) si rifiutano di mangiarlo per via delle sue presunte relazioni con il mondo degli inferi. Anche Maometto non ne consumava: i suoi discepoli credevano addirittura che la sua rettitudine fosse dovuta proprio al fatto che non facesse uso del diabolico tubero.
Ancora oggi in alcune zone dell'India si pensa che i Diavoli siano golosi di aglio e che se in una casa se ne sente l'odore vuol dire che è infestata da demoni.
Ma che male poteva aver mai fatto questo bulbo innocente per guadagnarsi una fama tanto sinistra?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo scomodare la "Dottrina delle Signature" che nasce come filosofia spirituale dove Dio (o il Tutto) ha posto un segno nelle piante che ha creato per dare indicazioni circa il loro uso. Una sorta di "firma vegetale" che veniva codificata intuitivamente attraverso il simbolismo e le analogie, quindi se una pianta somiglia a una parte del corpo o a un organo interno, significa che avrà una valida utilità su ciò che le è simile.

Il pomodoro ha quattro camere ed è rosso? Ormai le ricerche passate e in corso dimostrano tutte un'attività benefica del pomodoro su cuore e circolazione. Sono ricchi di licopene, un carotenoide antiossidante che incoraggia la funzione circolatoria, funge da spazzino dei radicali liberi e protegge anche dagli effetti nocivi dei raggi UV.
Dio o il Tutto, chiunque abbia "segnato" questo frutto, ha fatto in modo di farlo maturare in estate, ovvero il momento in cui ci è più utile. Guarda caso.
La noce sembra un'immagine splatter di un cervello con tanto di separazione tra le due metà e persino con i due cervelletti in basso? Oggi non è più un mistero che la noce ha un contenuto molto alto di Omega 3 e 6 (che combattono il colesterolo cattivo) e dei nutrienti che alimentano le cellule nervose e aiutano a sviluppare i neurotrasmettitori per le funzioni cerebrali.

Ce ne sarebbero molti altri che magari vedremo in seguito, quando parleremo di alcuni personaggi che hanno fondato le loro dottrine su questo, ma per ora credo che il concetto sia abbastanza chiaro.
Oggi lo sappiamo scientificamente, ma secoli e secoli fa non c'erano studi al microscopio con tanto di dotte precisazioni su l'una o sull'altra sostanza. Eppure queste cose si sanno da sempre. Parliamo di epoche in cui il sapere intuitivo non era stato soppiantato e messo alla porta dalla scienza, un'ingombrante parente che ormai ha preso il sopravvento invece di camminare a braccetto con le conoscenze antiche.


Comunque, tornando all'aglio, possiamo ora comprendere parte della sua sinistra fama.
Colore smorto, ricurvo, puzzolente e che vive sottoterra. Voi cosa avreste pensato??
La stessa cosa hanno immaginato praticamente tutti i popoli. Senza per questo mai dubitare delle sue virtù. Diciamo che era considerato un cibo per poveri o al massimo per uso medicinale all'occorrenza.
Durante la costruzione della piramide di Cheope, IV Dinastia, furono pagate somme ingenti per l'acquisto di aglio e cipolle destinati a energizzare e nutrire gli schiavi che avrebbero dovuto tirare su materialmente la piramide. Premurosi, vero?
Nella tomba di Tutankhamon sono stati trovati degli spicchi di aglio, probabilmente il defunto avrebbe dovuto utilizzarli per ingraziarsi gli dei degli inferi durante il viaggio nell'oltretomba.

In Cina la leggenda narra che l'Imperatore Giallo (2.500 a.C) si incamminò su una montagna e durante il viaggio alcuni dei suoi accompagnatori mangiarono per errore una pianta velenosa. Per fortuna trovarono e ingerirono delle piantine di aglio e si salvarono la vita.
La sua azione di potente controveleno non è sempre citata nei testi di piante medicinali ma io ne ho avuta testimonianza quasi diretta.
Anni fa un vicino di casa ha raccontato di essere stato assalito da uno sciame di vespe che lo hanno punto ripetutamente in parti diverse. Soffriva anche di asma ma è rimasto calmo come un Buddha e non ha voluto aspettare i soccorsi perché secondo lui non avrebbero fatto in tempo. Battendo sul tempo l'inevitabile reazione allergica che era già in corso, si è fatto portare dalla moglie una testa di aglio intera, si è seduto per terra e sotto gli occhi di tutti ha cominciato certosinamente a sbucciare, masticare e ingoiare ogni singolo spicchio. Dopo profumava come pochi, ma non aveva più nulla. Incredibile ma vero. Meglio non imitarlo, comunque. Come vedremo, tanto aglio non è proprio per tutti.

Nel primo trattato di erbe medicinali, il "De Materia Medica" (78 d.C), Dioscoride scriveva che "rinforza lo stomaco, rimescola il ventre, elimina la ventosità, espelle i parassiti e provoca l'urina".
Paracelso consigliava per la peste una profumata e fragrante mistura di aglio e sterco: eccentrica e pestilenziale, ma pare ottenesse buoni risultati.

In tempi più recenti, durante la I guerra mondiale, i soldati russi portavano l'aglio nei loro zaini per medicare le ferite, cicatrizzarle bene e impedire un'eventuale cancrena.
Negli anni '50, prima della diffusione degli antibiotici, un chimico inglese riuscì a dimostrare che l'aglio sterminava più varietà di batteri rispetto alla pennicillina e oltretutto era attivo anche sulle infezioni fungine. Con ancora un vantaggio in più: l'antibiotico, per far fronte all'infezione, distrugge microbi cattivi e microbi buoni, l'aglio invece sembra dotato di un meccanismo selettivo. Stermina i cattivi e lascia intatti i buoni. Come Dexter :)
Ma l'aglio era tanto e praticamente gratis, quindi ovviamente fu messo da parte in luogo di molecole sintetiche e ben più costose. Per lo stesso motivo bruciamo benzina e non etanolo di canapa, ad esempio. Perchè è a basso impatto ambientale, non costa quasi nulla e perché la canapa è un'infestante che cresce a qualsiasi latitudine. Ottime motivazioni per qualcuno. Meglio farla fuori. Già fatto, grazie.

Negli USA fino agli anni '50, l'aglio in cucina era visto come il peperoncino negli occhi. Ci vollero generazioni di immigrati italiani per invertire la rotta. Addirittura il popolare Braccio di Ferro inizialmente si chiamava Hercules e traeva la sua forza dallo sniffare uno spicchio di aglio. Ma i sondaggi volsero il pollice all'ingiù e mostrarono che i piccoli spettatori non avevano gradito, così Hercules diventò Popeye e lo spicchio d'aglio si trasformò in una lattina di spinaci.


I vampiri di tutte le epoche e culture, tranne Edward Cullen e il governo italiano, scappano a gambe levate davanti a una testa d'aglio. Si dice che questa leggenda nasca dalle proprietà antiparassitarie dell'aglio e i vampiri sono delle zanzare a grandezza uomo, quindi dei parassiti. Non fa una piega.

Questa e le altre proprietà dell'aglio si devono ai suoi composti a base di zolfo...altro elemento che contribuisce a legarlo agli inferi. In realtà, lo zolfo è un potente medicamento che andrebbe usato con accortezza. Un detto popolare indiano recita che "lo zolfo è nel corpo quello che il sole è nell'universo". Analogia potente, efficace e soprattutto esatta. Pensate all'enorme energia del sole e come noi umani possiamo servircene solo a piccole dosi.
Una delle sue molecole solforose più importanti è l'allicina.
Le sue innumerevoli proprietà e potenzialità hanno catapultato il nostro aglio al centro di migliaia di studi. L'effetto più studiato e meglio documentato è la sua capacità di prevenire la formazione di trombi, ovvero dei coaguli di sangue che possono occludere le arterie coronarie e provocare un infarto o giungere al cervello e causare un ictus. Presenta un'azione molto simile all'aspirina, fluidifica il sangue e proprio per questo non andrebbe preso nel corso di una terapia con anticoagulanti. I medici hanno cominciato ad avvisare i loro pazienti di non assumere aspirina o aglio la settimana prima di un intervento chirurgico  per limitare i rischi di un'emorragia.
Ha un moderato effetto anticolesterolo, abbassa la pressione sanguigna e tende a ridurre il tasso di zuccheri nel sangue. Anni fa ne preparai una tintura alcolica per la nonna ipertesa e diabetica. Basta far macerare 20/30 grammi di spicchi di aglio tritati in 100 ml di alcol a 75° per 10 giorni. Agitare spesso e trascorso questo tempo filtrare e imbottigliare possibilmente in vetro scuro con contagocce. Per contrastare l'ipertensione e l'arteriosclerosi se ne prendono dalle 15 alle 30 gocce 3/4 volte al giorno in poca acqua. Ma queste sono dosi indicative e ognuno di noi ha una costituzione diversa e quidi anche una tollerabilità differente. Conosco persone che con 50 gocce di tintura di valeriana non chiudono ancora occhio e altre che con 15 partono immediatamente per lidi onirici.


E' anche un buon antisettico delle vie respiratorie, dello stomaco e del tratto intestinale, infatti è impiegato con successo nelle forme diarroiche e nelle parassitosi.
L'effetto vasodilatatorio spiega anche perché fa colare il naso; i vasi sanguigni dilatati tendono a perdere acqua, perciò l'aglio può liberare il naso in caso di sinusite, ad esempio. I decongestionanti da farmacia agiscono nel modo opposto: sono vasocostrittori e impediscono di "perdere", ma alla lunga possono seccare i seni nasali. Insomma, stappa come il peperoncino!
Il suo leggendario effetto antibiotico e antibatterico è stato confermato di recente dopo una serie di studi senza esclusione di colpi che affermavano uno il contrario dell'altro. E se fossero veri entrambi? La responsabile del potere antimicrobico dell'aglio sembra essere l'ajoene, una sostanza che deriva sempre dall'allicina e che quindi si trova nell'aglio crudo e tritato. L'ajoene aggiunto ad una crema neutra ha mostrato la stessa azione di una pomata antimicotica attiva su alcue infezioni da funghi, come il piede d'atleta.
Le studiatissime proprietà anticancro dell'aglio sembrano essere strettamente legate alla sua attività antiossidante. Sono tanti ormai gli studi che confermano che le sue molecole solforose sono in grado di impedire agli agenti ossidanti e ai radicali liberi di attaccare le nostre preziose cellule. In questo modo l'aglio limita quelle mutazioni che poi possono generare il cancro. Pare che mangiare aglio riduca i rischi di cancro allo stomaco e colonrettale.
L'aglio è un giglio con un odore infernale e come tutti gli altri gigli appartiene alla famiglia botanica delle Liliaceae che comprende anche cipolla, porro e scalogno. Spezzando una delle loro foglie si attiva una reazione che trasforma una molecola inodore in una serie di sostanze maleodoranti e solforose. Alcune di queste si librano nell'aria e irritano gli occhi. La sostanza inodore si chiama alliina e quando lo spicchio viene tagliato o tritato si trasforma finalmente nella nostra profumata e utile allicina, quella di prima, responsabile delle azioni più importanti dell'aglio.
Morale della favola: per far bene l'aglio deve puzzare!!
Negli integratori che pubblicizzano come "aglio inodore", i rivestimenti  delle pillole interferiscono con l'alliina presente rischiando di non riuscire ad attuare la conversione in allicina. Quindi riducendo la loro attività e utilità a zero. Anche l'aglio secco pare dia pochi risultati.
Mi dispiace ma il modo migliore è di consumarlo crudo :) o anche cotto.


Visto che per beneficiare delle sue proprietà dobbiamo necessariamente ingerirlo, vi suggerisco alcuni modi per renderlo il più gradevole possibile. Spremuto fresco in un pesto di rucola, olio di oliva, mandorle e parmiggiano è la fine del mondo. Darà una nota solforosa anche alla deliziosa salsina di yogurth, prezzemolo, sale e peperoncino, una sorta di "aglio e olio" in crema spalmabile per crostini o verdure. O ancora, in una salsa cruda di pomodoro rosso, olio, pecorino, basilico fresco e una manciata di mandorle, prima di frullare tutto fate scivolare uno spicchio d'aglio insieme agli altri ingredienti. Ottima per condire la pasta in questo scampolo di estate che ancora non se ne vuole andare.

Non si è capito se sia nocivo o meno per i cani, ma in generale lo sconsigliano.
Il mio pastore tedesco ne ha mangiato per una vita (insieme alla sua pappa fatta in casa e servita tiepida) ed è vissuta 17 anni.
Le davo anche i gusci d'uovo tritati con polvere di timo e aglio essiccato grattuggiato.
Anche qui si tratta di tollerabilità del singolo cane.

Per concludere, queste le parole di uno Yogi:
"L'aglio è un cibo tamasico (inerte) che agita la mente. La sua energia è molto bassa, molto grossolana".
Provocherebbe cioè una sorta di annebbiamento mentale in aperto conflitto con esigenze di concentrazione e meditazione.
Nessuno voleva insinuare che l'aglio elevasse lo spirito, infatti. Anzi, se andiamo a ben vedere la sua energia e le sue capacità curative sono tutte concentrate in basso, o comunque nella metà inferiore del corpo: stomaco e intestino. Rinvigorisce e rinforza e la sua energia viene dal basso, lo zolfo lo testimonia efficacemente. Si dice che una delle virtù magiche dell'aglio sia quella di attrarre la prosperità, ovvero la capacità di mantenersi da soli, in una parola, delle radici ben piantate a terra. Tutte funzioni del primo chakra, che vibra ad un'energia bassissima e indispensabile e il cui obiettivo principale è di avere appunto salde radici a terra.
Infatti è vero che l'energia dell'aglio è bassa e grossolana ma è questo che gli si chiede.
Se volete meditare proprio il giorno in cui la zia ha preparato il pesto genovese conviene andare a pranzo da un'altra parte.

Come il peperoncino, l'aglio crudo è controindicato per gli stomaci delicati. E contemporaneamente è anche consigliato per la sua azione rinforzante e tonificante. Quello che non ti ammazza ti fortifica :)
Per quanto mi riguarda l'aglio è praticamente più un farmaco che un alimento e come tale andrebbe trattato. Quindi va bene inserirlo nei pasti in dosi moderate e aumentare quando invece occorre la sua azione medicinale. Ma cosa è una dose moderata? E va bene per tutti?
C'è chi non ne tollera neanche la vista e chi invece manda giù spicchi d'aglio come fossero bonbon in una chocolaterie. Stesso discorso del peperoncino. Se ne sei attratto e non ti disturba lo stomaco, allora fa per te. E la soglia utile e tollerabile diventa strettamente personale. Ovviamente come tutto, basta rispettare il proprio equilibrio.

L'altra volta ho parlato del peperoncino, oggi di aglio...arrivati alla fine di questo post non vi è venuta voglia di due spaghetti? :)

Un saluto e buona settimana a tutti!


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domenica 30 agosto 2015

Le lacrime di Satana: Habanero & Co

Era un giorno come tanti altri quando quella piantina infernale ha fatto il suo ingresso in casa nostra.
Sembrava innocua e colorata con tutti quei fruttini rosso acceso che gli penzolavano dai rami come tante piccole mele. A ripensarci avevano lo stesso colore e lucentezza delle mele di Biancaneve stregate. Avrei già dovuto notare il segnale di pericolo. Mele insane sul serio ;)
Naturalmente mi avevano avvisata che era un peperoncino. Una varietà "abbastanza" forte di peperoncino, aveva detto l'amico che ha regalato la pianta a Max, il mio compagno . E' stato quell'"abbastanza" a fregarmi.
Sono arrivata a rimpiangere la carezza vellutata del tanto temuto peperoncino calabrese considerato almeno da me (ignorante in materia all'epoca) uno dei più forti. E in effetti è vero, almeno per quanto riguarda la produzione italiana. Adesso lo considero poco più che leggero, mio malgrado.
Premesso che a me piace molto il peperoncino in quantità moderate, ogni tanto e soprattutto quello di piccantezza media. Diciamo "abbastanza" piccante.
Così ho abbassato la guardia e ne ho annusato uno appena spaccato a metà e neanche da troppo vicino, da una quindicina di centimetri di distanza. Va bene la curiosità ma era pur sempre peperoncino e ho cercato di stare attenta. "Senti che odore fruttato stranissimo, come di mango...", mi ha tentata il mio compagno con gli occhi accesi dall'entusiasmo.
Anche lì, secondo segnale di pericolo da me ignorato.
Max adora un po' troppo il peperoncino e per lui non è mai abbastanza. Abbiamo sempre utilizzato quello italiano e dove io ne mettevo la punta di un cucchiaino lui ne aggiungeva un cucchiaio intero. Ma non era mai pienamente soddisfatto.
I suoi occhi verdi che brillavano di contentezza avrebbero dovuto attivarmi più di un campanellino di allarme. Praticamente ne ha staccato uno dalla pianta, lo ha sciacquato velocemente, tagliato a metà e prima che potessi dire "aspetta, forse è il caso di", lo stava già masticando allegramente. Le sue labbra sono diventate scarlatte, ha cominciato a camminare su e giù per la cucina e faceva un rumore strano con la bocca, ma sembrava felice come un bambino a Natale.
In seguito mi ha spiegato che era l'ipersalivazione, uno dei tanti effetti "secondari" che provocano le sostanze estremamente piccanti.
Così ho annusato.
Sono passati due anni ma il ricordo è ancora impresso a ferro e fuoco nei miei ricordi. Letteralmente.
In effetti il mango l'ho sentito. Ho avuto qualche secondo per carpire e persino apprezzare questa intensa combinazione di frutta aspra e zuccherina contemporaneamente. Ho addirittura accennato un sorriso per la sorpresa e il piacere di quell'aroma così connotato e forte che non ti aspetti proprio da un frutto come quello. Perché il peperoncino in realtà non ha un vero e proprio odore, sa un po' di peperone, ma finisce lì. Ho alzato gli occhi e stavo per verbalizzare il mio apprezzamento quando pochi istanti dopo il dolce fruttato è scomparso improvvisamente dalle mie narici sostituito da qualcos'altro. Il tutto è avvenuto in una manciata di secondi ma ho ben distinto ogni fase. E' iniziato con un lieve pizzicore che mi ha fatta sorridere "Ecco, ora comincia a sembrare un peperoncino...ma non sembra niente di che...".
Mentre parlavo il pizzicorino è gradualmente aumentato e contestualmente io ho diminuito il sorriso. Arrivata a un livello medio ho mantenuto un'espressione neutra, della serie "ok, così può andare, ma ora basta".
E invece non si fermava. Mentre aumentava di intensità dapprima lentamente, è passato impercettibilmente dal naso alla gola e finalmente è esploso di botto in tutta la sua cattiveria.
Vi assicuro che anche Satana avrebbe strabuzzato gli occhi.
Sembrava di respirare lava. Ho fatto un salto all'indietro andando a sbattere contro il poveretto che ci aveva regalato la pianta dandogli praticamente una gomitata in faccia. A pensarci bene, avrei anche potuto colpirlo più forte :)

La convivenza con il mostro indiavolato non è stata affatto semplice.
"Tanto se li mangia lui", potreste pensare voi come incautamente ho fatto io all'inizio.
Non  è proprio così.
Anche il nostro gatto è indignato, offeso e oltraggiato quando Max fa la sua annuale pulizia e taglio dei mostri prima di congelarli e scappa in giardino a zampe levate.
Il piccante si diffonde nell'aria appena li tagli come una nube tossica. E questo è solo il minimo danno. La prima volta eravamo ignoranti e non sapevamo che per maneggiare una pianta/tritolo come l'Habanero andavano usati i guanti e magari anche degli occhiali protettivi. L'abbiamo imparato a nostre spese.
Quel primo anno aveva raccolto circa una trentina di frutti e si era armato di un coltello per tagliarli in quattro, eviscerarli dalla placenta e dai semi (le parti più letali, che comunque conserva) e congelarli per averli sempre disponibili tutto l'anno. Senza occhiali e senza guanti. Poi ha ingenuamente sciacquato le mani con la sola acqua del rubinetto e ha toccato qualunque cosa gli capitasse a tiro in cucina e nelle altre stanze della casa prima di renderci conto che qualcosa non andava. Ho aperto il frigo per preparare la cena e poi mi sono tolta un ciuffo di capelli vicino agli occhi. Le urla credo le abbia sentite tutto il vicinato. E non andava via con nessun rimedio, ho versato litri di acqua con sapone e senza, ho provato anche con un batuffolo imbevuto con latte gelido. Niente. Dopo che la sostanza ustionante aveva comodamente fatto il suo corso, lentamente ha smesso. Abbiamo pulito tutto e lui si sarà insaponato le mani dieci volte fino quasi a spellarsele, ma aveva toccato superfici non sospette praticamente in tutta la casa. Il giorno dopo ho scoperto, di nuovo a mie spese, che aveva toccato anche il mio computer. Non ho più mangiato peperoncino (neanche quello semplice) per mesi.  Stendiamo un velo sulla nostra ingenuità.
E questo era l'Habanero red, come abbiamo scoperto in seguito, uno dei più miseri tra gli Habanero, che consta tra i suoi parenti elementi ben più infernali.
Infatti quest'anno Max ha deciso di alzare il tiro e ha comprato una pianta di Habanero chocolate.


Diciamo solo che esiste una scala di piccantezza che porta il nome del suo creatore, il chimico statunitense Scoville, che assegna un valore alla capsaicina (la sostanza che pizzica) contenuta nelle varie specie. Non entriamo troppo nel dettaglio, ma l'Habanero red (il primo che abbiamo avuto) viaggia tra le 150.000 e le 300.000 unità, mentre il nuovo chocolate si attesta sulle 425.000.
Non ho voluto quasi neanche guardarlo da lontano.

Su quasi tutti i testi che ho consultato (e non sono pochi) al peperoncino vengono attribuite proprietà digestive, antisettiche e stimolanti dello stomaco. Parliamo ora di quello medio, senza scomodare le varietà più infernali che sono davvero alla portata di pochi appassionati :)
Appartiene alla famiglia delle Solanacee di cui abbiamo abbondantemente parlato ne "Le mele insane" e quindi va preso un po' con le pinze. Anche in senso letterale.
Contiene degli alcaloidi chiamati capsaicinoidi di cui il più abbondante è la capsaicina, quella di prima utilizzata da Scoville per la sua scala di piccantezza.
Infatti è a causa del suo sapore "aggressivo" che ci priviamo delle sue ingenti quantità di vitamina C (un piccolo peperoncino ne contiene più di una tazza di succo di arancia) e anche delle sue proprietà antiemorragiche: la presenza di vitamina K2 garantisce infatti la chiusura delle ferite in breve tempo unita a un'ottima azione antibatterica. Meglio di così... Brucerà un pochino ma l'effetto cicatrizzante e l'asepsi sono assicurate :)

Le sue proprietà vasodilatatrici e anticolesterolo sono ormai note da tempo, infatti si impiega nella prevenzione e nella cura dell'arteriosclerosi, che in passato veniva chiamata "ruggine delle arterie". Rende l'idea, vero? Anche il peperoncino è una specie di sturalavandini come il limone, solo leggermente più traumatico come sapore ;)
E a proposito di questo, sembra che il peperoncino non sia davvero "caldo". La capsaicina inganna il nostro cervello con un complicato meccanismo di neurotrasmettitori e recettori che non stiamo qui a sviscerare, facendogli credere che ci sia qualcosa di bollente mentre invece non è vero! Ma l'organismo in questo modo può agire come se avesse caldo, ad esempio sudando e di conseguenza abbassando la temperatura corporea.
Sempre la capsaicina fa in modo che le cellule nervose rilascino una molecola che scatena i processi infiammatori e il naso si irriterà un po' e comincerà a colare. C'è chi lo assume per volgere questo meccanismo a proprio vantaggio in caso di congestione nasale.
E' stato utilizzato con successo nella cura dell'alcolismo e nella caduta dei capelli.
Addirittura pare che essendo una Solanacea come la Nicotiana Tabacum, rilasci delle sostanze simili che "accontentano" il fumatore facendogli desiderare meno sigarette e senza i danni della combustione.
La sua azione rubefacente (la capacità di attrarre più sangue negli strati superficiali della pelle permettendo un alleggerimento dell'infiammazione nei tessuti sottostanti) si è dimostrata utile per artriti e reumatismi, esistono infatti numerosi preparati da spalmare a base di capsaicina, a dosi sempre basse per il suo effetto irritante. In cucina non ne parliamo. Viene utilizzato sia nei paesi freddi che in quelli caldi per motivazioni simili e opposte. E' il re delle spezie utilizzate tradizionalmente per conservare le carni e impedire la proliferazione batterica. Inutile menzionare ricette stavolta :)

 

Quasi tutti i medici o forum di medici sconsigliano categoricamente l'uso del peperoncino, anche quello di piccantezza media,  in caso di emorroidi. "Evitare tutti i cibi piccanti", si legge un po' dappertutto.

In realtà la maggioranza dei testi specifici invece ne consiglia vivamente l'uso proprio per le emorroidi.
Il prof Giuseppe Antonelli nel suo "Piante che ridanno la salute" riferisce che già nel 1853 l'Accademia di medicina di Parigi istituì una commissione per verificare le affermazioni di un certo Allègre, un non medico che asseriva appunto di aver guarito numerosi casi di emorroidi solo con il peperoncino.
Alla fine delle sperimentazioni la Commissione prese atto che il pimento solleva e guarisce le emorroidi recenti e fa scemare dolore e volume di quelle antiche.
Poco dopo, un'altra schiera di medici confermò questi risultati.
Sempre in Francia, intorno alla metà del 1800, fu utilizzato con successo contro il colera e veniva somministrato a cucchiai infuso in acqua bollente o in brodo e poi anche per clistere. Possiamo solo immaginare i bruciori infernali al povero lato B, ma dopo qualche ora vomito e diarrea cessavano per incanto. La sua azione pare dipenda dalla regolarizzazione delle funzioni gastro intestinali e della vena porta che toglie la stasi e le perdite sanguigne.

Ci sarebbe ancora una mezza enciclopedia da scrivere su questa piccola e letale solanacea e molti studi devono ancora essere conclusi o approfonditi ulteriormente.
Ci sono le solite incongruenze: c'è chi dice che è benefico e attivo per lo stomaco e chi ti ammonisce a starne alla larga, c'è chi grida al miracolo sulle emorroidi e chi si fa il segno della croce al solo pensiero. Insomma a chi dobbiamo credere?
Al solito, la verità sta nel mezzo.
Il peperoncino ha apparentemente causato problemi digestivi in alcune persone ma li ha attenuati in altre.
In casi di disturbi cronici (reflusso gastroesofageo, colon irritabile..) ammorbidiva i sintomi, ma in casi di occasionale acidità di stomaco li peggiorava. Cronico si, acuto no? Forse.
Alcuni lo adorano, altri lo detestano. Altri, come chi scrive, sono nel limbo della moderazione. Come la maggior parte, credo. E va bene così.

La storia dell'Habanero non è qui per caso. Abbiamo distribuito questi peperoncini a chiunque fosse disposto a provarli e i risultati sono stati variegati ma con qualcosa in comune.
Hanno avuto un effetto benefico su chiunque abbia avuto abbastanza coraggio e amore per questo frutto da provarli.
Max si è liberato da un fastidioso raffreddore che andava avanti da giorni solo con una salsa allo yogurth cui era stato aggiunto l'Habanero.
Qualcun altro ha risolto un doloroso attacco di emorroidi che durava da settimane e un altro ancora ne tratto energia e vitalità inserendolo pian piano nella propria alimentazione.
In pratica se ne senti l'esigenza allora ti serve sicuramente a qualcosa.
Mai stata più convinta della veridicità di questa affermazione come nel caso di una sostanza estrema come l'Habanero. Max e altri hanno trovato la loro medicina in cucina. E' proprio il caso di dirlo.
Spero solo non continui a salire su per la scala di Scoville, perché c'è anche di molto peggio. Sostanze paurose che riducono l'Habanero chocolate a una goccia in mezzo a un mare di piccantezza estrema. Un'onda del mare di Ostia e uno tsunami del Pacifico.
Infatti vorrei salutarvi con un video assurdo in cui dei pazzi addentano un Carolina Reaper. Cos'è?
Dico solo Habanero Chocolate 400.000 unità SHU, Carolina Reaper 2.000.000!!
Non è sottotitolato ma le immagini sono molto eloquenti :)

Un saluto e buona settimana a tutti!


domenica 23 agosto 2015

Essere basici come un limone III, la resurrezione

Ciao a tutti!
Eccomi pronta a mantenere la promessa della volta scorsa. La resurrezione del limone in tutte le salse :)
Dopo tanta fisiologia, acidi, basici e compagnia bella, adesso tocchiamo il polo opposto ed esageriamo sul serio. Oggi, come si dice a Roma, se magna! E non leggero. Per chi non tollera i latticini ci sono ottimi sostitutivi vegetali di vario tipo. Personalmente alla panna di soia preferisco la crema e il latte di riso.

Come abbiamo visto nella parte I, il limone era utilizzato anche per uccidere germi e batteri eventualmente presenti in acque potabili: credo fosse per lo stesso motivo che mio nonno lo spremeva sulle cozze appena staccate dallo scoglio e se le pappava crude così, come se niente fosse.
Ai giorni nostri sappiamo anche che il succo di limone impiega diverse ore a uccidere i batteri. Ma all'epoca era un'altra storia.
Oggi ci faremmo il segno della croce se vedessimo qualcuno mangiare delle cozze crude, a meno che non provengano da scogli certificati e mari biologici. Magari da qualche parte nel nostro bellissimo sud Italia si può ancora fare, ma sul litorale romano Dio ce ne scampi...anzi, nemmeno quelli, figuriamoci le cozze crude!
Sono una specie di "fegato del mare", nel senso che depurano le acque filtrando le impurità. Su wikipedia è riportato che una cozza sarebbe in grado di depurare circa 4 litri d'acqua inquinata l'ora. Proviamo quindi solo a immaginare cosa può contenere una cozza (cruda) oltre a qualche grammo di puro piacere per gli appassionati: si parla di cosette come tifo, paratifo, epatite virale e colera.
Ma restiamo in tema.


Dicono che il limone sia la morte del pesce... e per me è vero, nel senso che l'unico posto dove non lo metterei mai è proprio sul pesce fresco. Chi se ne intende sul serio sa che è una bestemmia irrorare del pur meraviglioso succo di questo agrume il pesce veramente fresco e buono. Poi i gusti personali sono un'altra cosa. Mio padre ad esempio (da non prendere!) affoga nel succo di limone sia i filetti di merluzzo congelato da 4 euro, sia un branzino appena pescato da 40 euro al kg.

Spaghetti al tonno, acciughe, capperi e limone

Se abbiamo solo dell'umile tonno in scatola per farci due spaghettini, si può provare a soffriggere aglio, olio, peperoncino. Aggiungere qualche cappero dissalato e spezzettato grossolanamente e 5/6 olive nere tritate. Dopo aver insaporito per bene unire il tonno, un'acciuga e la scorza finemente grattuggiata  di mezzo limone non trattato. Spegnere dopo un minuto dall'aggiunta degli ultimi 3 ingredienti, versarci dentro gli spaghetti e se piace, cospargere con del pangrattato. Mescolare, impiattare e divorare. Semplici ma di grande effetto. A volte ho aggiunto (prima degli ultimi 3 ingredienti) qualche pomodorino piccadilly spaccato in quattro e fatto leggermente appassire, non proprio cuocere, in modo che rilasci il succo e rinforzi un po' il condimento.
Il problema delle salse in bianco per pasta è sempre la tentazione di aggiungere più olio, a meno che non ci sia della panna o simili.

E a proposito di panna, per i più temerari proporrei un paio di ricette di mio padre, una personalità dai sapori forti, fritti, unti e iperconditi. A volte lo guardo scuotendo la testa dall'alto (o dal basso) della mia ciotola di insalatina semiscondita, altre volte condivido con lui senza ritegno porzioni da camionista delle cose più succulente che prepara.
Sicuramente soffro di una qualche forma di schizofrenia culinaria, ma il settimo giorno anche Dio si è permesso un po' di tregua:) e la salute è fatta anche di concessioni straordinarie.
Queste due ricette sono tra le più buone che mette in tavola. Non le descrivo nei minimi dettagli perché chi ama davvero la cucina sa come muoversi, improvvisare e meglio ancora, personalizzare. E anche perché altrimenti mi occuperebbero tutto il post ;)

Tagliolini con crema di latte al limone e pepe nero

Per 4 persone occorrono più o meno 4 etti di tagliolini all'uovo (meglio se fatti in casa, naturalmente), 250 ml di crema di latte fresca, burro, succo e buccia di un limone, sale, pepe nero e a scelta, del parmigiano.
In una padella abbastanza larga da contenere poi la pasta sciogliete una quantità a piacere di burro. Lui abbonda mentre io cerco sempre di dimezzare e risolvere con un po' di latte in più. La spuntiamo a turno. Aggiungere la panna, il succo e la scorza tritata del limone, sale, pepe nero come se piovesse e parmigiano a piacere. Cuocere i tagliolini, tuffarli nella salsa e mescolare bene. Anche qui stesso discorso, se per alcuni la panna sembra poca, allora aggiungete del latte. O doppia dose di panna, fate voi :)
Mangiati una volta ogni tanto non hanno mai ucciso nessuno.

Questi altri invece è riuscito a propinarceli nell'unico intermezzo fresco di questa estate al microonde. La ricetta originale l'ha presa da giallozafferano e ha apportato le sue modifiche personali.
Vi avverto, anche questi fanno caldo solo a sentirli nominare. Conservate questo post per il mese prossimo, perché pare che l'africano stia premendo per rientrare in Italia. In senso climatico, ovviamente.
Per l'altro discorso dovremmo mettere sul banco degli imputati le classi governative della grande Europa e chiedere conto di cosa diavolo stia succedendo davvero, invece di fare il loro gioco e scatenare una guerra tra poveri.
Torniamo al limone e a mio padre, che è meglio. Se ci levano pure l'appetito è la fine.

Ravioli di salmone e gamberi profumati al limone con salsa rosa al timo

150 gr di gamberetti, 150 gr di filetto di salmone, 250 gr di ricotta di bufala, 1 limone, poco brandy, timo fresco, 250 ml di crema di latte, 100 ml di salsa di pomodoro, sale e pepe.
Tritare con la mezzaluna i gamberi e il filetto di salmone e metterli a rosolare in padella con olio e aglio. Sfumare con del brandy e far evaporare. Aggiungere sale e abbondante pepe nero e appena spento il fuoco (devono cuocere pochissimo) unire la buccia di limone finemente tritata. Una volta freddato il composto aggiungere la ricotta e mescolare bene. Riempire i ravioli e a parte preparate il condimento con aglio, olio, timo e pomodoro e fate cuocere. In ultimo aggiungete la crema di latte, scolate i ravioli e conditeli con questa salsa.
I ravioli li ha preparati lui ma devo ammettere che, ahimé, la foto è la mia.


Se ci fosse la sacra triade di Masterchef, probabilmente Barbieri o Cracco mi denuncerebbero ai carabinieri per l'impiattamento horror. Ho cercato anche di far colare artisticamente la salsa ai bordi del piatto ma tempo di prendere la macchina fotografica ed è diventato così. Direbbero che ho sparato ai ravioli prima di metterli nel piatto e che sono riuscita nell'impossibile: rendere veramente brutto qualcosa di squisito.
Perché sicuramente, almeno di sapore, li apprezzerebbero :)

Crema di limone

In un barattolo di vetro a chiusura ermetica, far macerare mezzo litro di alcol a 95° con la buccia di tre limoni (solo la parte gialla altrimenti prenderà un che di amarognolo) per 8 giorni avendo cura di agitare il barattolo almeno una volta al giorno. Trascorso il tempo dovuto, far sobbollire un litro di latte a lunga conservazione con 800 gr di zucchero e due bustine di vanillina. Appena sciolto lo zucchero spegnete subito e far freddare completamente il composto. Unire l'alcol dopo aver eliminato le bucce, imbottigliate e conservate in freezer. Da consumarsi a bicchierini e non a boccali :) Sentirete che meraviglia. 
Il latte di soia aromatizzato alla vaniglia in questo caso è migliore di quello di riso.

Purtroppo non abbiamo sempre limoni a disposizione, ho scoperto tempo fa a mie spese che l'estate non è proprio la loro stagione preferita per fruttificare. Un buon modo per ovviare alla loro mancanza è di far seccare per bene le bucce di limone in forno e poi le tritarle finemente con il frullatore o altro, così potrete metterle in un barattolo e utilizzarne un pizzico ogni volta che vorrete. Ne ho visto un barattolino in una bottega artigianale e l'ho imitato. Non è la stessa cosa della buccia fresca ma, appunto, una buona imitazione. Ottimo in tutti i tipi di polpette che siano carnivore, pescivore o vegane :)

Come avrete notato ho mantenuto la mia promessa: un post più leggero, niente filosofia, fisiologia o medicine antiche... solo la leggerezza di panna, burro e ravioloni farciti!!
La fregatura c'è sempre ;)

Oggi mi sono fatta prendere la mano dopo un'estate fatta di pranzi a base di cocomero e pesche fredde al limone e che, a quanto pare, non è nemmeno finita. Sembra proprio che la Terra abbia la febbre o che il Creatore si sia dimenticato il forno acceso lassù.
E neanche con il limone abbiamo finito. Per la fame arretrata ho saltato tutta la parte che ha a che fare con l'olio essenziale estratto dalla buccia del limone  dato che finora abbiamo parlato solo delle virtù del succo, che non c'entra niente con l'olio essenziale. Ma non temete, non ne parleremo subito. Fedele alla natura bipolare dei miei post, passeremo dalla freschezza del limone ai bruciori di Satana.
La prossima volta faremo una capatina all'inferno e vedremo se ci sono davvero diavoli e fiamme :)

Un saluto e buona settimana a tutti!