Specifichiamo
subito che l'abete bianco non è un albero di Natale innevato, così
come il tonno non è una scatoletta, ma si tratta di una delle
diverse specie di abeti appartenenti alla famiglia delle pinaceae,
più in generale è una conifera, che significa letteralmente
"portatrice di coni" e che rimanda alla forma conica delle
pigne. Le conifere sono un gruppo antico, con fossili che risalgono
anche a 300 milioni di anni e che comprendono specie che vanno
dall'altezza di un metro fino ad oltre 100 metri, infatti si tratta
di tutte piante legnose, soprattutto alberi. Gli esseri viventi più
alti, più massicci e più antichi sono conifere, come ad esempio la
maestosa sequoia sempervirens, di cui un esemplare è arrivato fino
ai 115 metri di altezza. Un palazzo di 30 piani!
Il
nostro abete arriva al massimo intorno ai 50 metri, sviluppa un fusto
che può arrivare anche ad avere un diametro di 3 metri e vive fino
ai 300 anni. Si chiama abete bianco perché le sue foglie sono grossi
aghi di colore verde scuro sopra e con due strisce bianche sotto. Non
aggiungerò molto sulla descrizione visiva perché stiamo comunque
parlando di un albero che, vero o finto, rappresenta un'icona che
veste le nostre case a festa da sempre.
L'abete
cresce in terreni impervi e molto poveri di nutrimento e con i suoi
rami che crescono in orizzontale protegge i piccoli abeti bianchi che
hanno bisogno dell'ombra dell'albero madre per crescere.
Nel
calendario celtico l'abete era consacrato al giorno della nascita del
Fanciullo Divino: giorno supplementare che seguiva il solstizio
d'inverno. È legato dunque a tematiche solari e all'eterna dicotomia
tra vita e morte: nelle notti lunghe e gelide del nord questo albero,
sempreverde e maestoso, era visto come qualcosa di più forte della
morte.
Le
popolazioni dell'Asia settentrionale consideravano l'abete un "albero
cosmico", ovvero un punto di incontro tra alto e basso, tra le
profondità della terra e l'inaccessibilità del cielo.
Lo
stretto legame tra l'abete e il solstizio d'inverno è ben
documentato in tutti i popoli dell'Europa settentrionale. Nel
Medioevo ci si recava nel bosco a tagliarne uno che veniva poi
portato in casa e decorato con ghirlande, uova dipinte, dolciumi e
candele e posto al centro dei festeggiamenti solstiziali. La notte si
passava in allegria attorno a quello che assunse il significato di
"albero di luce".
Entrare
in un bosco di abeti è un po' come entrare in una cattedrale, viene
quasi di farlo in punta di piedi per l'atmosfera austera e mistica
che emana. La prima cosa è quell'odore resinoso, fresco e dolce che
sale immediatamente alle narici e di cui non se ne ha mai abbastanza.
Poi appena ci si guarda intorno si nota che la luce è completamente
diversa, dato che viene filtrata dai rami, assorbita e restituita
molto smorzata al suolo. Un'esperienza tutta da vivere, si ha
l'impressione di assorbire un po' di saggezza anche solo camminando
in silenzio e aspirando i suoi aromi balsamici.
Fino
a non molto tempo fa, ai malati e convalescenti affetti da malattie
polmonari, si usava prescrivere il soggiorno in boschi di conifere
(abeti, pini, larici) e fare lunghe passeggiate inspirando
profondamente quell'aria ricca e odorosa che li avrebbe portati verso
la guarigione.
Il
principale uso dell'abete è infatti nelle patologie dell'apparato
respiratorio come bronchiti, malattie da raffreddamento tosse e
simili, per la sua azione balsamica, espettorante e antisettica. Si
può assumere in infuso o decotto di gemme e foglie, in tintura
idroalcolica oppure sotto forma di sciroppo o fumenti bollenti e
profumati. Altre indicazioni meno conosciute sono in casi di
agitazione, insonnia e ipertensione. Fondamentale è non eccedere nel
dosaggio, cosa che in generale vale per tutto ma in particolar modo
per l'abete: per una tintura alcolica basteranno 10-20 gocce in poca
acqua un paio di volte al giorno e lontano dai pasti, per assimilarlo
al meglio. Per una tisana aromatica e corroborante sarà sufficiente
un cucchiaino raso di aghi secchi. Il suo potere decongestinante
allevierà in poco tempo i sintomi del raffreddore.
Una
preparazione erboristica particolare e non molto conosciuta dal
grande pubblico è il gemmoderivato, una soluzione di
glicerina vegetale dove giovani getti e germogli vengono immersi per
cedere i loro principi attivi e non solo. Pare che il gemmoderivato
abbia un'impronta energetica che gli altri preparati non hanno,
proprio in virtù del fatto che si tratta delle parti più giovani
della pianta che hanno in sé la forza e l'energia della crescita,
cosa che la pianta adulta non possiede. Tutto questo è avvalorato
dal fatto che spesso i gemmoderivati hanno indicazioni completamente
diverse dagli altri preparati. Un esempio pratico ce lo fornisce
proprio il nostro abete: i preparati erboristici classici (tisana,
tintura e altri) sono indicati, come dicevamo prima, per le patologie
dell'apparato respiratorio, ma il gemmoderivato viene prescritto per
cose che poco hanno a vedere con i suoi effetti balsamici e
anticatarrali. Il gemmoderivato di abete è indicato soprattutto in
età pediatrica dato che favorisce la fissazione del calcio nelle
ossa, stimola l'accrescimento staturo-ponderale e i globuli rossi e
si consiglia anche quando si nota un ritardo nel consolidamento delle
fratture. Insomma, indicazioni del tutto differenti da quelle che
associamo all'abete bianco; in più, mentre per gli altri preparati
erboristici si consiglia una certa attenzione, per il gemmoderivato
non ci sono assolutamete problemi di tollerabilità.
Per
uso esterno l'abete si mostra altrettanto utile. Dalla sua corteccia
si ricava infatti quella che un tempo era chiamata la "trementina
di Strasburgo", utilizzata abbondantemente per preparare
impiastri e linimenti per reumatismi e lombaggini e non solo. Si
tratta di un'oleoresina, tipica delle conifere, che l'albero secerne
per cicatrizzare le proprie ferite ed evitare così il contatto con
batteri o altri agenti patogeni potenzialmente pericolosi per la vita
dell'albero.
La
famosa ambra non è altro che la resina fossile delle conifere con
dei residui vegetali intrappolati dentro, più raramente degli
insetti interi o animaletti vari, anche vertebrati, che ne accrescono
il valore economico.
Purtroppo
oggi l'abete ha perso molto del suo pubblico in favore di rimedi
moderni o di altre piante balsamiche che vanno più "di moda",
ma le sue proprietà restano sempre quelle e sempre a disposizione
dell'uomo. Come abbiamo visto, in tempi meno recenti era tenuto in
grande considerazione; Santa Ildegarda di Bingen, mistica vissuta
intorno al 1100 e autrice della prima medicina psicosomatica
cristiana, aveva messo a punto una ricetta davvero particolare: la
pomata di abete, preparata con panna montata, aghi di abete colti in
primavera e un po' di salvia da conservare in vasetti di vetro (oggi
da riporre sicuramente in frigo!) e da spalmare sui seni paranasali
in caso di congestioni o sul plesso solare per dolori
gastrointestinali di origine nervosa.
Un
breve accenno all'olio essenziale di abete, per il quale servirebbe
un piccolo trattato a parte. È piuttosto difficile da trovare,
moderatamente costoso e va utilizzato a piccole dosi, meglio solo per
uso esterno. Ma ne vale davvero la pena. Diluito in olio d'oliva per
un massaggio antireumatico o per frizioni sul petto in caso di
malattie da raffreddamento, oppure qualche goccia mischiata ad un po'
di miele e lasciata cadere nella vasca da bagno. O semplicemente
vaporizzato nella lampada per aromi in camera da letto o nel
soggiorno. In ogni caso, la percezione olfattiva dell'olio essenziale
opererà i suoi effetti fisici ed emozionali. Sul fisico abbiamo già
visto abbondantemente i suoi impieghi e le sue proprietà, sul piano
emozionale invece riprendiamo la simbologia antica della pianta.
Quella luce assorbita e restituita di cui sopra è quella che l'abete
ci restituisce condensata e raccolta nel pieno dell'inverno, una
promessa di luce quando intorno c'è solo il buio. Infatti respirare,
ingerire o applicarsi sul corpo un preparato a base di abete
aiuterebbe a trovare la forza d'animo in momenti di sconforto e ad
aprirsi alla possibilità di un futuro più luminoso. Una goccia di
essenza applicata sui vestiti farebbe sentire più forti e protetti
in situazioni o con persone ostili. Il condizionale è d'obbligo
anche se sempre più persone riconoscono e accettano serenamente che
il mondo è fatto anche e soprattutto di ciò che non vediamo. E
comunque è sempre un esercizio interessante soffermarsi su ciò che
ci evoca la nostra personale percezione di un aroma naturale, quali
sensazioni si sono amplificate, quali sono scomparse o quali sono
apparse dal nulla. Ovviamente si parla esclusivamente di oli
essenziali puri, mai di qualcosa "al profumo di".
Ho
convinto qualcuno a non abbandonare l'abete dopo il Natale?